Lavoro in fabbrica, confronto Cina-Usa
venerdì 30 agosto 2019
L'ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama e la first lady Michelle hanno debuttato su Netflix in qualità di produttori con la loro casa cinematografica, la Higher ground productions. Lo hanno fatto con il docufilm American factory, di Steven Bognar e Julia Reichert, storia della crisi di uno stabilimento della General motors a Dayton in Ohio rilevato nel 2015 da un miliardario cinese, Cao Dewang, e trasformato nella fabbrica Fuyao per la produzione di vetri per auto. Centinaia di operai americani hanno così ritrovato lavoro, ma alle condizioni della dirigenza cinese: turni pesanti, paga bassa, alto rischio licenziamento per scarsa produttività o maggiore automazione. American factory racconta, attraverso la diretta voce dei protagonisti, in modo asciutto e senza sconti, la dura vita di fabbrica, ma anche il confronto tra due mondi, due culture e due mentalità. I registi seguono americani e cinesi con uno sguardo all'apparenza distaccato, neutro, almeno fino a che non esplodono i contrasti rappresentati anche simbolicamente dai vetri che cominciano a rompersi. A quel punto si viaggia da un continente all'altro. I lavoratori americani ospitati in Cina per la formazione scoprono che in fabbrica si adottano metodi militari, turni di dodici ore e solo uno o due giorni di riposo al mese. Sul versante statunitense, oltre l'indiscussa e giusta maggiore libertà, corrisponde un appesantimento, un'obesità mentale e non solo fisica, una carenza di ideali e di motivazioni. Ma anche i cinesi hanno le loro crisi, compreso il miliardario Cao Dewang. Così il docufilm (più film che documentario per modi narrativi e lunghezza) finisce per raccontare l'America e la Cina, globalizzazione compresa, fermo restando il grido di solidarietà per gli operai di tutto il mondo. Gli Obama, che hanno firmato con Netflix un accordo per produrre film e serie televisive, compaiono a margine in una conversazione di una decina di minuti con i registi Bognar e Reichert nella quale ribadiscono l'importanza di raccontare storie e che a farlo siano le persone comuni. Intanto la stessa Michelle, interpretata dall'attrice e premio Oscar Viola Davis, finirà in una serie televisiva di Showtime sulle mogli dei presidenti.
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