Landucci, l’insostenibile pesantezza delle parole
sabato 29 aprile 2023
Le parole sono importanti… ci ricorda Nanni Moretti, splendido 70enne che sfodera il suo ultimo colpo di tacco con Il sol dell’avvenire. Titolo non dedicato al nostro giornale, ma a un mondo che poteva e potrebbe essere meglio di ciò che è, specie se facesse propria la parola Amore. Le parole violente invece rimbalzano in campo e questa settimana colpiscono quelle proferite dall’azzimato vice di Max Allegri, Marco Landucci, il quale al termine del concitato match Juventus-Napoli si è rivolto al corregionale Luciano Spalletti con un elegantissimo «pelato di m…(bip)», a cui ha fatto seguire un minaccioso «Ti mangio il cuore». Frase minatoria che rimanda al secolo scorso: novembre 1990, un altro juventino, il palermitano Totò Schillaci, al termine della partita con il Bologna (vittoria dei bianconeri) scaricò una rabbia inaudita contro il rossoblù Fabio Poli al quale urlò: «Ti faccio sparare in bocca!». A distanza di anni, Poli sentito sul fattaccio riferiva: «Il più brutto ricordo della mia vita calcistica. Da quel giorno, la mia carriera è cambiata…». Non cambia mai neanche l’odio razzista che proviene quasi sempre dalle stesse Curve, e sono parecchie.
Una è la Nord laziale. Durante Lazio-Torino ancora una volta il razzismo da ultimo stadio ha colpito i granata Yann Karamoh e Wilfried Singo. Due le loro colpe, perdere tempo per portare a casa la vittoria (ottenuta) ma soprattutto agli occhi della peggio gioventù laziale, quello di essere due ragazzi di colore. Karamoh ha denunciato l’episodio postando su Instagram le immagini del tifoso che inveisce contro di lui e ha commentato avvilito: «Come è possibile che questo tipo di persone possano ancora entrare allo stadio nel 2023?». Giro la domanda all’attento e sensibilissimo ministro dello Sport, Andrea Abodi, tra l’altro tifoso della Laziale, anche lui. Dobbiamo trovare una volta per tutte una soluzione a questa piaga del razzismo. Dobbiamo evitare di diventare vittime, spesso consapevoli, da quelle che la senatrice a vita Liliana Segre da sempre ci mette in guardia, ovvero «le parole dell’odio». Per cambiare questo calcio, che rappresenta un pezzo importante della nostra società, perché all’Olimpico come a San Siro entrano in un solo mese oltre 500mila cittadini, c’è bisogno di Parole tra noi leggere, come recita il titolo del bel libro di Lalla Romano. A volte mi chiedo: quanti libri passano sul comodino di un tifoso di Curva? E quanti su quello di un calciatore o un allenatore di Serie A? I libri non daranno certo tutte le risposte, nè le soluzioni utili ad evitare la violenza verbale che aleggia sul calcio, ma possono sicuramente fornire degli assist importanti. Questa rubrica da sempre, lo sapete, è dedicata allo scriba massimo di fùtbol e il suo libro Pensare con i Piedi, l’argentino Osvaldo Soriano, il quale in un attimo di scoramento scrisse: «Il calcio è tutto uno schifo. Dirigenti, certi giocatori, giornalisti, tutti sono ficcati dentro l’affare senza che si preoccupino neanche un po’ della dignità dell’uomo». Solo chi ama davvero questo sport a volte pensa tutto il male possibile, ma è solo un attimo. Poi
le parole verso il calcio tornano ad essere leggere. © riproduzione riservata
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI