venerdì 12 ottobre 2012
«Sono tutti convinti che solo lo sviluppo tecnologico, la scienza cioè, e il complesso delle sue applicazioni tecniche, segnino il progresso. E siccome il Novecento è il secolo del progresso e dello sviluppo tecnologico, tutti sono convinti che sia giusto occuparsene molto». La sintesi del filosofo Hans-Georg Gadamer pone l'accento su un tutti che, come ogni termine assoluto, finisce per mettere in allarme. Ma saranno poi davvero tutti i beneficati dal progresso? Nell'intervento recente per il Festival della Mente di Sarzana, l'antropologo Marc Augé ha mostrato come, mentre la scienza progredisce, il divario tra chi ne conosce le leggi e le conseguenze e la massa di chi non ha idea della posta in gioco aumenti sempre più velocemente. Il timore è che non si stia preparando un progresso diffuso in tutta la terra, ma che si stia formando una élite planetaria del sapere e del denaro, contrapposta a una folla di consumatori, e a una massa ancora più grande di esclusi sia dal sapere sia dal consumo. L'auspicio è che l'arroganza intellettuale di ogni sorta non miri a imporre, una volta di più, le proprie convinzioni all'umanità, senza preoccuparsi che tutti abbiano la possibilità di comprenderle. Se un giorno ci sarà una rivoluzione, sostiene Augé, sarà una rivoluzione dell'istruzione.
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