martedì 25 maggio 2004
Quando le mamme muoiono, si perde uno dei punti cardinali. Si perde il ritmo del respiro, si perde una radura. Quando le mamme muoiono, cresce ovunque sterpaglia. Una trentina d'anni fa come ieri moriva mia mamma. Con lei avevo vissuto poco perché il seminario, prima, gli studi teologici a Roma poi e l'insegnamento mi avevano tenuto lontano da lei. Eppure con lei ho avuto un'intimità e un dialogo implicito che con nessun'altra persona avrei mai raggiunto. Non c'era, dunque, di mezzo il "mammismo" mediterraneo (che è tipico, però, anche di altre culture). C'era forse qualcosa di simile a quello che descrive lo scrittore svedese Göran Tunström (1937-2000) nel romanzo Uomini famosi che sono stati a Sunne, a cui avevo già attinto anche l'altro ieri. Quando si perde la madre, sembra che venga meno un punto cardinale, ossia un riferimento sicuro, genuino, non ingannevole. Viviamo, infatti, in un mondo in cui si deve essere sempre cauti e in sospetto. Anche dell'amico non puoi mai fidarti appieno. Là, invece, nel cuore della madre, trovi sempre la certezza di un amore libero, autentico, sincero, anche se fallibile e limitato. Con lei non devi difenderti o stare in guardia, non devi pavoneggiarti o mascherarti o camuffarti come forse talora fai persino con la donna che ami e che pure è tua sposa e madre dei tuoi figli. In colei che ti ha generato e che ti ha educato e formato c'è, infatti, una sorta di "radura" di freschezza, di semplicità e di pace. E' per questo che grande è la vocazione vera delle mamme e che per loro dobbiamo pregare Dio perché sia accanto a loro sempre.
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