La magra raccolta di olive fa salire alle stelle il prezzo dell'olio italiano
domenica 20 novembre 2016
Annata di “scarica” per le olive da olio italiane. Un fatto naturale, quello precedente era stato un anno di grande raccolto. Al ciclo biologico si è poi sommato in alcune aree un andamento climatico non favorevole. In ogni caso, la produzione più bassa sta già determinando sul mercato un forte rialzo dei prezzi. È il segno chiaro dell'agire delle legge dell'economia e, soprattutto, del condizionamento ancora forte che la natura esercita sull'economia agricola.
Si capisce tutto meglio guardando i numeri. Si stanno concretizzando le aspettative più negative degli operatori. Ismea e Unaprol hanno, infatti, ridotto ulteriormente le previsioni produttive 2016 che, secondo i dati più recenti, si attestano a 243mila tonnellate, circa la metà rispetto al dato dello scorso anno (474.620 tonnellate la produzione del 2015). È, come si è detto, l'effetto dell'alternanza produttiva che caratterizza questa pianta, ma anche di un andamento meteorologico definito bizzarro con alternanze di caldo e freddo e piogge spesso inopportune. Nel dettaglio, male è andato il Mezzogiorno dove il -50% stimato ad oggi potrebbe risultare anche ottimistico: pesantemente in rosso tutti i bacini più importanti, come Puglia (-50%), Calabria (-53%) e Sicilia (-52%). Al Centro la flessione è di poco superiore al 40% (Toscana -35%, Umbria -38%). In controtendenza, invece, il Nord, pur nelle limitate dimensioni della sua produzione, che mostra una progressione rispetto allo scorso anno sia perché le condizioni climatiche non sono apparse tanto sfavorevoli quanto al Sud, sia perché avendo dei bacini produttivi più contenuti è stato più semplice il controllo e la difesa dalle malattie. Male, però, la Liguria (-50%).
E i mercati? L'economia dice: poca offerta, prezzi alti. La reazione dei mercati non si è fatta quindi attendere con tendenze rialziste delle quotazioni che hanno portato in media gli extravergine a 5,52 euro al chilo a metà novembre, ma con la piazza di Bari già oltre i 5,70 euro al chilo, quando a settembre le trattative si sono chiuse su valori attorno a 3,80 euro al chilo. È presumibile, adesso, che il mercato continui a subire tensioni sui prezzi visto che la produzione e quindi l'offerta permarranno scarse per un certo tempo. E non è nemmeno pensabile aumentare l'offerta in pochi mesi: l'olivo non si semina come un cereale, mentre occorrerà aspettare la prossima annata (presumibilmente di “carica”), per capire come reagiranno le piante. Dal punto di vista commerciale è invece certa una cosa: di fronte alla scarsità di produzione di extravergine nostrano, è prevedibile un aumento delle importazioni da altri Paesi produttori.
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