La madre del dramma di Livorno le altre che riaffiorano dalla Rete
venerdì 29 luglio 2016
La notizia non rientra e non rientrerà nell'informazione religiosa online. A meno che qualche cronista locale non scopra che, mischiata con la comunità civile, c'è anche una comunità di fede che si sta stringendo attorno alla mamma e al papà di Gaia, la bambina di Vada (Livorno) morta per essere stata dimenticata sul seggiolino posteriore dell'auto. Non è la prima volta che succede: apprendo anzi dal premio Pulitzer Gene Weingarten che negli Stati Uniti questi incidenti si verificano dalle 15 alle 25 volte l'anno (lo riporta il sito di Vanity Fair: tinyurl.com/joxqakg ). Ma ogni volta non mi accontento delle spiegazioni psicosociologiche e, anzi, mi impressiono ripetendomi che, a motivo delle vite da genitori acrobati che si fanno quando i figli sono piccoli, poteva succedere anche a me.Nel 2008 un caso a Merate (Lecco). Il parroco, don Paolo Bizzarri, fece un'omelia che ancora si può ascoltare su YouTube ( tinyurl.com/hqxrh5n ), mentre la mamma pregò così: «Tante volte, o Dio, ti abbiamo chiesto di accompagnare i nostri figli sulla strada che tu hai preparato per loro. Oggi che questa strada è tanto incomprensibile, sorreggici e aiutaci». Ne ricavai un racconto, convinto che la pastorale dovesse imparare qualcosa delle famiglie di oggi anche da questi tragici fatti.Tre anni dopo fu Maria Elisabetta Gandolfi a prendere spunto da due casi ravvicinati, a Teramo e sul lago Trasimeno, per confessare sul blog Vino Nuovo ( tinyurl.com/gl5a22r ) che sì, anche lei avrebbe potuto essere la mamma che dimenticava il figlio piccolo sul seggiolino dell'auto. Ma aggiungendo che, altrettanto, possiamo essere noi ad aiutarci l'un l'altro quel tanto che basta a far quadrare le priorità con i nostri limiti, e a evitare che le responsabilità che ci prendiamo o ci ritroviamo sulle spalle (nella famiglia, nelle relazioni, nel lavoro, nella comunità cristiana) ci schiaccino.
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