domenica 25 marzo 2007
La vera eloquenza è la giusta e precisa espressione delle idee col minor numero di parole. Il pensiero è una freccia. Il sentimento un cerchio. Ho intrecciato oggi due voci lontane tra loro. La prima trascina con sé il vento odoroso dell'oriente arabo: è quella di un principe e letterato vissuto in Irak (era nato a Samarra nell'861 e morì a Baghdad nel 908), di nome Ibn al-Mu'tazz. In quella terra, allora sontuosa e ora devastata dalla guerra, aveva composto un Libro del nuovo stile, dedicato allo scrivere e al parlare corretto ed elegante. Conosco quest'opera e da essa propongo una battuta che non dovete subito adattare ai predicatori che ascolterete in questa domenica (ai quali, comunque, è utile) ma a voi stessi. C'è, infatti, ai nostri giorni un paradosso: si è impoverito al massimo il linguaggio, tanto da giungere a un minimalismo assoluto coi «messaggini» dei cellulari; eppure contemporaneamente dilaga una chiacchiera senza fine e senza sostanza. Proviamo, allora, a questo punto ad accostare la seconda voce: essa proviene da un altro oriente, quello russo, e appartiene a una straordinaria poetessa moscovita, Marina Cvetaeva, morta suicida nel 1941 a 49 anni. Essa ci ricorda che il pensiero profondo e genuino è come una freccia che corre dritta al bersaglio, è come una spada di cristallo che amputa le cose secondarie e va alla sostanza. Il sentimento, invece, è rotondo, ama il percorso ampio, si ramifica, si allarga, si riscalda lungo traiettorie che passano in regioni floride. Ebbene, noi per dire bene la verità e l'amore che è in noi abbiamo bisogno di tutte e due queste realtà, sia del pensiero sia del sentimento. Ma sempre - come insegnava il principe musulmano - dovremo affidarci a poche parole, ora taglienti ora calorose, ora rigorose ora dolci, ora severe ora tenere.
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