La crisi del mercato fondiario
sabato 31 agosto 2013
In Italia, nell'ultimo anno, il mercato fondiario ha ancora una volta segnato il passo: la compravendita dei terreni agricoli si è ulteriormente ridotta e, soprattutto, il loro prezzo è notevolmente calato. Certo, l'agricoltura è il comparto che, contrariamente ad altri, continua in qualche modo a tenere testa alle difficoltà, crea qualità, tutela l'ambiente e porta in giro per il mondo il buon nome del Paese. Ma l'andamento dell'indicatore degli scambi di terreni è da tenere sott'occhio: indica che comunque qualcosa non va.A mettere in chiaro i numeri sostanziali della situazione ci ha pensato qualche tempo fa l'Inea (l'Istituto nazionale di economia agraria), che in una nota ha spiegato come la «riduzione del volume delle compravendite si è riflessa anche sulle quotazioni che per la prima volta da vent'anni a questa parte hanno registrato il segno negativo come media nazionale». A guardare alcuni dati parrebbe poca cosa: il prezzo della terra è diminuito in modo impercettibile (-0,1%) in termini nominali. Ma se si tiene conto del tasso di inflazione la contrazione è rilevante (-3,1%) e va ad aggiungersi alle riduzioni in termini reali registrate dal 2008. Il patrimonio fondiario italiano, vale il 93% di quanto valeva nel 2008. È cambiata la geografia italiana della terra agricola. L'Inea ha confermato da una parte la graduale divaricazione dei valori fondiari tra le regioni settentrionali e quelle centrali e meridionali, ma c'è un dato nuovo. Mentre negli anni precedenti la crescita dei valori al Nord compensava la stasi delle quotazioni nel Mezzogiorno, nell'ultimo anno c'è stato un cedimento delle quotazioni anche in regioni come Lombardia, Veneto e Trentino Alto Adige, dove i valori fondiari erano tradizionalmente più elevati e la domanda più sostenuta. Pare anche che il prezzo della terra diminuisca in misura relativamente più elevata nelle zone di pianura, malgrado proprio queste aree siano più ricche di terreni fertili e dotati di buone infrastrutture. Insomma, rimangono ancora aree nelle quali i terreni sono venduti a peso d'oro, ma nella generalità dei casi non è così. Anche nella fertile pianura Padana.Perché tutto questo? Per l'Inea ci sono varie spiegazioni. Si è verificato quello che tecnicamente si chiama «processo di aggiustamento dei prezzi» a causa della crisi e delle trasformazioni dell'agricoltura italiana ed europea negli ultimi anni. Ma vi sono anche altre questioni. Pesa la difficoltà di accesso al credito, pesa la mancanza di liquidità generale, pesano le prospettive incerte di redditività del settore. Le eccezioni ci sono: non manca l'interesse di investitori, anche stranieri, per acquisizione di aziende intere o per corpi fondiari di una certa rilevanza situati in zone particolarmente pregiate. Ma sono appunto eccezioni. Mentre le previsioni sono di una probabile ulteriore diminuzione dei prezzi. Anche se il delicato gioco fra mercato fondiario, redditività del comparto e futura politica agricola europea, potrebbe mischiare ancora le carte.
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