mercoledì 23 maggio 2007
Un intero gregge in campagna perisce per la rogna di un solo animale e l'uva marcisce alla sola vista dell'uva marcia. Mi capita tra le mani un «dizionario Rizzoli» di oltre quindici anni fa che, sotto il titolo Dizionario delle sentenze latine e greche, raccoglie e commenta più di diecimila citazioni in queste due lingue classiche, frutto della paziente ricerca di un grecista, Renzo Tosi. Lo apro a caso e m'imbatto in queste curiose immagini esemplari desunte dalla seconda delle sedici Satire del poeta latino Giovenale, vissuto tra il I e il II sec. Non resisto all'idea di proporle anche ai miei lettori perché esse colpiscono in un punto delicato della vita sociale, quello della contagiosità del male. Si ha un bel dire che il peccato è una questione personale: certo, lo è nella responsabilità, ma non nei suoi effetti che dilagano nell'ambiente in cui esso si consuma. Le conseguenze sono di vario tipo. Ne voglio solo segnalare una: il contagio della stupidità può diventare una vera e propria moda che si diffonde rendendo un po' tutti banali, superficiali, volgari. C'è, poi, anche l'influsso perverso che da una serie di atti ingiusti genera un andazzo a cui ci si accoda: pensiamo solo allo scarso senso dello Stato, al disprezzo del bene comune, alla stessa evasione fiscale. Alcuni, pochi, danno il «la» a una deriva che trascina con sé una legione di imitatori. «Una pecora infetta ne ammorba una setta», dichiarava un antico proverbio italiano. Ma, per fortuna, una sua forza contagiosa l'ha anche il bene e, ad esempio, l' «imitazione di Cristo» non è solo un celebre libro spirituale ma anche una luminosa scelta di vita di molti.
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