L'unità? Di solito è bene, ma anche le differenze meritano di essere salvate
venerdì 1 luglio 2016
L'esito del referendum sulla Brexit è un invito a ragionare. Se i britannici che hanno deciso di andarsene dall'Europa sono risultati la maggioranza, non c'è da scandalizzarsi. Ci sono molte ragioni per desiderare che l'Unione Europea esista, si rafforzi e soprattutto migliori: uniti si vince, divisi si perde! Ma ne esistono forse altrettante per pensare che un'entità pseudo-politica così instabile e complicata, sostanzialmente tecno-burocratica, volontaristica e insieme svogliata, nonché retorica come l'effettiva e attuale Unione Europea, nasconda o paralizzi specificità nazionali anche positive e pretenda faticosamente di omologare cose che sarebbe meglio lasciar decidere alla sovranità delle singole nazioni.Nella dialettica fra il tutto e le parti è sempre necessaria una certa elasticità. Potrebbe esserne capace un vero governo europeo, ma non esiste. Tutto si regge su continue, faticose trattative fra governi nazionali, ognuno dei quali deve rispondere agli umori del proprio elettorato. Il mitico letto del brigante Procuste veniva usato come strumento di tortura: chi era costretto a stendersi lì doveva sopportare che il suo corpo fosse tagliato o allungato per adattarsi alle misure del letto. Un certo numero (crescente) di europei sente che l'Unione somiglia a quel letto.Sarebbe utile liberarsi del malinteso perbenismo europeistico secondo cui unirsi è sempre un bene e dividersi sempre un male, omologarsi è bello e differenziarsi è brutto. Una certa filosofia francese anni Sessanta-Settanta (che peraltro non rimpiango) enfatizzò teoricamente, moralmente, politicamente l'idea di "differenza", influenzando a lungo, anche troppo, la cultura di sinistra in difesa sia delle donne che di ogni minoranza penalizzata. Ora valorizzare le differenze sembra uno scandalo e un istinto "di destra". Ma ogni volta che gli universalismi diventano astratti, si annuncia una svolta particolaristica compensatoria. Fra Sette e Ottocento, al culto illuministico della Ragione si oppose il valore delle tradizioni nazionali e popolari, dei sentimenti di appartenenza e delle patrie.L'Europa, questa frastagliata e variegata appendice occidentale dell'Asia, è stata nei secoli profondamente unita e accanitamente divisa, fino alle tragedie belliche della prima metà del Novecento. Dopo il 1945 era perciò un dovere sognare e volere l'unità. Ma l'unità resta un esperimento e come in ogni esperimento bisogna continuare a prevedere degli imprevisti. Il deficit di democrazia che attualmente si avverte in Europa sembra proprio dovuto al controllo dall'alto, deciso da un'élite di esperti sottratta invece a ogni controllo dal basso.
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