L'ultima sfida digitale: l'immersione totale nelle notizie
venerdì 13 luglio 2018
Sino a qualche anno fa, ben pochi credevano che la maggioranza delle persone avrebbe letto notizie e articoli digitali usando gli smartphone. Ci sembrava una follia l'idea che si potessero leggere testi lunghi su schermi così piccoli. Oggi non solo è diventata la prassi ma abbiamo anche capito che nel digitale le notizie saranno sempre più declinate attraverso i video. Perché siamo sempre più pigri (e più distratti) per leggere testi. E poi perché i video trasmettono più facilmente emozioni.
Ovviamente sappiamo tutti quanto siano utili le notizie e le analisi scritte (e non solo perché questo è un quotidiano e quello che state leggendo è un articolo), ma non siamo così ciechi dal non vedere che una fetta sempre più larga del mondo va in un'altra direzione.
Ormai l'informazione digitale è diventata come un enorme buffet, dal quale prendiamo piccole portate da locali diversi e sempre più numerosi. Non ci basta più un tavolo, un locale, una cucina o uno chef. Vogliamo sempre di più, con sempre più gusto, più colori e più emozioni. E siamo diventati così bulimici da non ricordare nemmeno più dove abbiamo trovato e chi ha cucinato quella pietanza che ci è tanto piaciuta.
Facciamo insieme un salto in avanti di qualche anno e chiediamoci: come consumeremo le notizie nel futuro digitale? Prendete una notizia che ha emozionato il mondo come la vicenda dei ragazzini thailandesi bloccati nella grotta. Se fossimo nel 2028 come la consumeremmo, di cosa avremmo bisogno per provare le stesse emozioni o lo stesso coinvolgimento che abbiamo provato nel luglio 2018?
Io non ho risposte certe, ma posso raccontarvi che ci sono laboratori che stanno sperimentando modi innovativi e più coinvolgenti per trasmettere informazioni, qualunque tipo di informazioni. E lo stanno facendo lavorando soprattutto su due sensi rimasti fino a oggi un passo indietro: il tatto e l'olfatto. Se gli esperimenti avranno esiti positivi, in un futuro neanche tanto lontano potremmo sentire il freddo e l'umido che c'era nella grotta dov'erano bloccati i ragazzi e persino l'odore di quel luogo, immergendoci totalmente nel «fatto» anche attraverso schermi (già in commercio) capaci di creare la cosiddetta «realtà aumentata».
In fondo, sarebbe un'evoluzione di quello che il cinema aveva già pensato molti anni fa. E cioè i film in «odorama». L'idea venne a Mike Todd Jr nel 1960. Fu lui a creare un macchinario che doveva spruzzare profumi e odori, particolarmente evocativi, direttamente sulle poltrone degli spettatori durante la proiezione del film. Come ricorda il sito Cinemalia «Scent of Mystery (1960) fu il primo film simile e non rappresentò una pietra miliare della storia del cinema mondiale. Per colpa di quel bizzarro investimento, Mike Todd Jr si rovinò». Nel 1981 il regista John Waters ci riprovò col film Polyester, chiedendo agli spettatori di grattare durante la proiezione cartoncini impregnati di essenze. E fu un altro fiasco.
È vero che il mondo dell'innovazione (anche digitale) è pieno di esperimenti che naufragano miserabilmente, ma ciò non toglie che l'idea di portare l'odore, il freddo, il caldo o altre sensazioni anche nelle notizie digitali risponde a una richiesta molto precisa. Il pubblico, la gente, la folla, la massa vuole sempre di più. Vogliamo sempre di più. Sempre più velocemente e con immagini, suoni e «innovazioni» in grado di coinvolgerci sempre di più. E pazienza se così l'emotività finisce sempre più spesso per travolgere tutto, relegando in secondo, terzo o quarto piano qualunque spazio per il ragionamento. Le emozioni, soprattutto nel digitale, sembrano destinate a vincere. Peccato che siano ancor più manipolabili dei pensieri.
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