L'intensa Missa solemnis di Fiocco maestro fiammingo riscoperto
domenica 3 agosto 2003
Joseph-Hector Fiocco (1703-1741) è sicuramente il compositore fiammingo più famoso della prima metà del XVIII secolo: uno degli ultimi esponenti di quella grande scuola che ha segnato indelebilmente il percorso evolutivo della musica vocale tra Medioevo e Rinascimento. Durante la sua pur breve esistenza ha ricoperto la carica di maestro di cappella nella cattedrale di Antwerp e di sous-maître presso la Corte di Bruxelles, dedicando largo spazio della propria attività al repertorio di carattere religioso. Una parabola creativa oggi tutta da riscoprire, ma che nella sua terra d'origine è attualmente al centro di un intenso lavoro di ricerca e di esecuzione, come dimostra l'album che la Capella Brugensis e il Collegio Instrumentale Brugense diretti da Patrick Peire hanno dedicato alla Missa Solemnis e ai mottetti Ave Maria e Homo quidam (cd pubblicato da Naxos e distribuito da Ducale). Lavori che riflettono un vivace e variopinto caleidoscopio di stili e influenze, svelando echi lontani dei sontuosi drappeggi sonori e degli eleganti passi di danza dei francesi Lully e Couperin, delle incalzanti progressioni accordali e delle fluenti linee melodiche del Vivaldi sacro, ma anche della scrittura vocale raffinata ed elegante di Händel; il tutto mediato da Fiocco con duttile versatilità, vagliando ogni singola istanza per poi rielaborarla in una sintesi di estrema efficacia. Non si tratta di opere di particolare complessità o difficoltà trascendentale, ma l'impressione generale che se ne ricava è quella di un serio lavoro di artigianato musicale, che poggia innanzitutto su un saldo bagaglio tecnico derivato dalla tradizione contrappuntistica fiamminga, ma anche su evidenti doti di drammatizzazione e di rappresentazione degli affetti. Un talento naturale che nella Missa Solemnis tocca i suoi massimi vertici soprattutto nell'ampia sezione del Credo, nel contrasto davvero affascinante tra le cupe trame del Crucifixus (affidato a tre bassi, violoncelli e fagotto) e la luminosa apoteosi dell'Et resurrexit, trionfante affresco incorniciato da potenti squilli di tromba. Peire e compagni affrontano queste partiture con generoso trasporto, rispondendo puntualmente al loro virtuosismo strumentale, senza però sfoggiare altrettanta precisione nei passaggi affidati alle voci soliste.
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