sabato 12 aprile 2003
Il contrario della felicità non è la tristezza, la sofferenza, il dolore, perfino l'angoscia. No: ma l'apatia, l'indifferenza, l'aridità. Sono questi i tratti del volto anonimo dell'infelicità. L'infelicità è il non essere affettivo, il vuoto degli affetti, il grado zero del sentire personale. Sono in pratica queste le ultime parole di un bellissimo libro dedicato al "sentire", cioè alla radice della nostra affettività, intitolato L'ordine del cuore (Garzanti), opera di una donna di straordinaria finezza intellettuale e umana, la filosofa Roberta De Monticelli. Queste parole devono far meditare tutti perché è necessario schiodare dalla testa l'idea che sia solo il dolore il vero nemico della gioia, il suo antipodo o almeno l'ostacolo primario. In realtà il volto quotidiano dell'infelicità, dell'insoddisfazione, dell'amarezza intima e profonda è un altro. Ha un profilo grigio, insignificante, fluido, inconsistente. A generarlo è quella sorta di corteo di figure umbratili che si chiamano apatia, indifferenza, aridità, vuoto interiore. Certo, questo "grado zero" dei sentimenti può a prima vista sembrare fonte di allegria, di chiasso, di festa (si pensi solo alla squallida brigata del "Grande Fratello"). In realtà lentamente si ramifica nell'anima e la svuota, le fa mancare il respiro della vita, la disperde come aria frammentandola in atomi di illusione. Vorrei, perciò, lasciare ancora la parola all'autrice: «Non c'è dubbio che soprattutto oggi abbiamo bisogno di un po' di luce sopra la nostra frammentaria esperienza morale, ma anche di un po' di voce articolata o di ragione da dare alla meraviglia, allo sgomento e alla pietà».
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