mercoledì 9 febbraio 2005
"Quello un braccio, quest'altro una gamba, un orecchio, la schiena, e questo qui, un occhio. Stiamo raccogliendo tutte le parti del corpo. E tu che hai?". Mi squadrò attentamente, ero nudo. "Tu cosa ci dai? L'anima?". "No - dissi - l'anima non ve la do!". Questa parabola surreale parte purtroppo da un'esperienza drammatica, genuina. E' quella di Varlam "alamov, scrittore russo, deportato nelle miniere d'oro della Siberia (i suoi Racconti della Kolyma descrivono quella vicenda), poi internato in un carcere e successivamente in un manicomio ove morrà nel 1982, a 75 anni. Di fronte all'aguzzino stalinista che gli chiede l'anima, "alamov oppone il rifiuto netto e assoluto: è pronto a dare anche un organo e persino il corpo intero, ma non cederà la sua interiorità, invalicabile a ogni dittatura, indisponibile a ogni tortura. È una testimonianza esemplare che abbiamo voluto riservare a questo inizio di quaresima, il tempo della serietà, dell'anima, della dignità spirituale e morale riconquistata. «Mi avete rubato la terra, il cavallo, la donna. Ma non riuscirete mai a rubarmi l'anima». La frase che Toro Seduto rivolse agli invasori bianchi delle sue terre va nella stessa linea di quella dello scrittore russo ed è un monito severo nei nostri confronti. Spesso, infatti, siamo pronti a barattare l'anima per un successo, un possesso, un piacere. Almeno fossimo pronti ad alienare il nostro spirito per un attimo di eternità come fa il Faust di Goethe. No, svendiamo la coscienza per avere in cambio realtà ben più modeste; non soffriamo torture come quelle vittime dell'oppressione - che pure rimangono incrollabili - ma basta solo il richiamo d'una Sirena, l'illusione di una proposta per farci rinunciare alla dignità dell'anima, alla sua libertà, alla sua purezza, al suo decoro, ai suoi valori.
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