mercoledì 6 agosto 2003
L'anelito dell'uomo si colloca e si dirige verso la verità senza ombre, verso la libertà senza ceppi, verso la giustizia senza veli, verso la comunione senza sponde, verso la felicità senza fine, verso l'essere senza vuoti. Contemplando l'immagine gloriosa del Cristo trasfigurato, disegnato oggi dalla liturgia davanti ai nostri occhi, propongo queste parole di un articolo sulla speranza presente in un volume di vari autori, Cristo, ragione della nostra speranza (ed. Centro Studi Usmi) e scritto da don Sabino Palumbieri, docente all'Università Salesiana di Roma. La figura alonata di luce del Cristo pasquale che, a metà del suo itinerario terreno, svela la sua realtà più intima e divina diventa una sorta di stella polare della nostra speranza. Nel nostro spirito, infatti, si dipana un anelito che spesso reprimiamo con la brutalità delle nostre scelte misere o dissolviamo nella sfiducia riducendolo a illusione. C'è un desiderio di verità pura e incontaminata, c'è un'ansia profonda di libertà autentica, c'è l'attesa di una giustizia senza incrinature, c'è l'anelito a una comunione con l'infinito e il mistero, c'è la speranza in una gioia che non conosca mai l'esaurirsi e l'offuscarsi, c'è la brama di essere eterni spezzando ogni legame di morte e ogni limite. Questa sequenza di aspirazioni - verità, libertà, giustizia, comunione, felicità, essere - regge segretamente la nostra vita e fa parte della promessa di salvezza portata da Cristo. In noi e attorno a noi si leva costantemente la tentazione di spezzare questo anelito, compromettendoci nella menzogna, cadendo nella schiavitù, violando la giustizia, interrompendo la comunione, inquinando la felicità, distruggendo l'essere. La figura di Cristo oggi ci invita a continuare a sperare e a guardare alto.
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