giovedì 17 febbraio 2011
L'amore è l'attesa di una gioia che, quando arriva, annoia.

Di sé diceva di essere «un conservatore in un Paese come l'Italia in cui non c'è niente da conservare», un Paese abitato da «un popolo buono a niente e quindi capace di tutto». Stiamo parlando di Leo Longanesi, giornalista, disegnatore e scrittore, morto nel 1957, autore di battute fulminanti che nascevano da un'acidità congenita («sono un carciofino sott'odio», confessava di se stesso). Di questi aforismi proponiamo oggi una scheggia sull'amore. Pur nella tonalità ironica, essa conserva una verità: la debolezza umana riesce a ridurre il fuoco dell'amore a una brace che lentamente si estingue. Il grande nemico dell'amore non è il tradimento, ferita che può essere sanata, ma la noia.
Per illustrare in modo icastico questo concetto, vorrei affidarmi a un passo del romanzo A ogni uomo un soldo dello scrittore cattolico scozzese molto popolare Bruce Marshall, morto nel 1979. Il protagonista, padre Gaston, sta viaggiando in treno e «di faccia aveva un uomo e una donna di mezza età: erano così indifferenti l'uno all'altra da far pensare che fossero sposati». Certo, non si può conservare per sempre la freschezza dell'innamoramento; ma il tarlo dell'indifferenza riduce il matrimonio a mera convivenza sotto lo stesso tetto, scambiandosi solo cenni o frasi sul tempo che fa. Il dialogo si spegne, i fremiti di tenerezza scompaiono, la noia diventa il nuovo, impalpabile velo nuziale. Tutto questo avviene insensibilmente, senza clamorose liti o inganni, ma solo lasciando che giorno dopo giorno cada un granello di noia, di distacco, di apatia. I granelli si trasformano in una coltre e alla fine si è di fronte al deserto dell'anima e dell'amore. Non è la quiete della serena abitudine alla quotidianità, è ormai la quiete della morte dei sentimenti.
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