In crescita l’industria italiana delle farine
domenica 11 giugno 2023
L’industria delle farine in Italia migliora i suoi conti. Intanto però, gli italiani spendono sempre di più per gli alimentari ma ne acquistano sempre di meno. Tutto mentre gli stessi industriali molitori fanno notare come l’industria della pasta debba acquistare il 40% del fabbisogno di grano duro dall’estero per continuare a tenere il passo con le necessità del mercato.
Contraddizioni dell’ agroalimentare odierno che, sempre di più e in modo sempre più complesso, si ritrova nel pieno delle tempeste produttive e commerciali del momento. Ad indicare i conti dei molini italiani è stata l’assemblea di Italmopa (l’associazione che raccoglie le imprese del comparto). “Sulla base degli indicatori relativi alla produzione e ai prezzi delle diverse tipologie di sfarinati e sottoprodotti della macinazione – si legge in una nota dell’associazione -, il fatturato dell’industria molitoria avrebbe complessivamente raggiunto 6,102 miliardi di euro con un incremento del 42,4% rispetto al fatturato 2021 calcolato in 4,288 miliardi di euro”. Bene è andata l’attività sia per la molitura del frumento duro, sia per quella del tenero. Affari d’oro, dunque, che non devono però nascondere una realtà ben più complessa e contraddittoria. L’associazione dei molini ha infatti sottolineato che “l’ultimo anno è stato denso di difficoltà per le aziende, anche per via dell’esplosione dei costi di produzione e il prossimo anno si preannuncia altrettanto complesso”.
Sempre Italmopa, ha fatto notare nel corso dei Durum Days che “l'andamento del mercato nazionale del frumento duro non può prescindere dall’evoluzione al rialzo o al ribasso dei mercati internazionali. L’Italia esporta il 60% circa della sua pasta alimentare, vendite che possono essere garantite solo ricorrendo alle importazioni che costituiscono strutturalmente il 40% del nostro fabbisogno”. Intanto, i coltivatori fanno ancora una volta rilevare che a causa dell’inflazione (determinata anch’essa dalle tensioni internazionali), di fatto si è assistito ad un aumento della spesa alimentare ma pure ad una diminuzione della quantità di alimenti acquistati. “Il caro prezzi – ha insistito Coldiretti -, taglia del 4,9% le quantità di prodotti alimentari acquistate dagli italiani nel 2023 che sono però costretti però a spendere comunque il 7,3% in più a causa dei rincari determinati dall’inflazione”. Certo, il fenomeno ha toccato un po’ tutti i prodotti agroalimentari, ma certamente la pasta ha avuto un suo posto particolare. Quindi che fare? La “ricetta” per gli industriali e per i produttori agricoli appare essere pressoché la stessa: gli accordi di filiera. Intese declinate con modalità tutte da individuare ed applicare con attenzione, ma che paiono davvero essere le uniche in grado di far superare al Paese una situazione che pare ogni giorno sempre più complessa. E’ un percorso non certo facile però, che deve superare prima di tutto un ostacolo: la diffidenza delle parti. © riproduzione riservata
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