giovedì 18 agosto 2022
Mio padre, colpito da un ictus, era stato ricoverato in ospedale dove cercavano di riattivare almeno in parte la mobilità perduta. Ogni mattina, prima di entrare in redazione, andavo a trovarlo e rimanevo impressionato dalla sua voglia di vivere. Era consapevole che la sua vita volgeva al termine (come i medici avevano più volte confermato), eppure non smetteva di lottare e di sperare in un seppur minimo miglioramento. Era giugno, nel tragitto verso l'ospedale una distesa di papaveri mi riempiva gli occhi con la bellezza del suo rosso intenso. Una mattina notai sul ciglio della strada un papavero che spuntava solitario dall'asfalto, sopravvissuto chissà come in un contesto anomalo, eppure ostinatamente proteso verso il cielo e desideroso di continuare a esserci. Quello è mio padre, pensai. Scesi dall'auto e col cellulare scattai una foto, che è diventata il mio profilo whatsapp accompagnato da una frase: la vita urge, sempre. Ogni mattina andando in ospedale i miei occhi cercavano quel fiore sperando di trovarlo ancora in vita, come una misteriosa conferma che anche mio padre lo fosse, e pur consapevole che non poteva durare a lungo. Papà morì pochi mesi dopo, ma l'immagine di quel papavero tenace che resiste in mezzo all'asfalto continua da allora a farmi compagnia.
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