giovedì 8 novembre 2007
Il vero modo di tenersi pronti per il momento finale è quello di impiegare bene tutti gli altri momenti.
Proviamo a ritornare sul tema della morte, approfittando di questo mese che la tradizione connette alla memoria dei defunti. Lo faremo con queste parole di un famoso vescovo e scrittore francese, François Fénelon (1651-1715). La sua è una lezione facile a esprimersi, ardua a praticarsi. Eppure è l'unica strada per andare incontro a una «bella morte». Proviamo per un momento a immaginare che sia oggi il giorno ultimo della nostra esistenza terrena e chiediamoci: «Cosa abbiamo tra le mani? Cosa abbiamo costruito? Quale lascito affidiamo agli altri?». Forse possiamo solo elencare i beni materiali e qualche scarso affetto, realtà che subito si dissolvono.
Gesù era stato lapidario: «Non accumulatevi tesori sulla terra che tignola e ruggine consumano e ladri scassinano e rubano, accumulatevi invece tesori in cielo» (Matteo 6, 19-20). È, quindi, la serie dei momenti dell'intera vita, più che l'ultimo ad essere decisivo. C'è uno degli Aforismi sulla saggezza di vivere del filosofo tedesco Arthur Schopenhauer che mi è sempre piaciuto: «Considera ogni giornata come se fosse una vita a sé stante». È nel presente, colmo di opere giuste, che si edifica non solo la memoria di sé ma anche il proprio futuro spirituale. Purtroppo per molti la vita si riduce a quelle parole che il poeta Eliot aveva scritto: «Nascita e copula e morte, / tutto qui, tutto qui / e se tiri le somme è tutto qui». Bisogna, invece, ritrovare la pienezza vera dell'oggi per avere un domani di luce.
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