Il Festival, i media e la religione: diffidiamo dalle imitazioni
mercoledì 11 febbraio 2015
Mi perdoneranno, i lettori di “Avvenire”, se invece di dare loro il consueto resoconto dalla Rete, racconterò di uno strano sogno che ho fatto. Stavo leggendo che la numerosa famiglia Anania, attesa sul palco del Festival di Sanremo, è cattolica, e riflettevo sul fatto che Sanremo, in quanto “evento” che si impone a tutto il sistema dei media, finisce, ogni anno, per contenere anche la sua brava quota di informazione religiosa: vuoi per un artista dalla evidente ispirazione, vuoi perché qualche ospite si mette a far polemiche con la Chiesa…Ma la stanchezza mi ha vinto e mi sono appisolato. Ero sempre davanti al mio computer, ma leggevo che a sorpresa, per la prima serata, era comparso all'Ariston nientemeno che papa Francesco: aveva detto il suo “Buonasera” e poi aveva iniziato a intonare, in spagnolo, il Padre Nostro sulle note di “The Sounds of Silence”. Ed ecco che non c'era sito, blog o social network che non prendesse posizione sulla clamorosa scelta del Papa. Otto link su dieci. Chi lodava il coraggio di approfittare di quella enorme platea per “rilanciare” la preghiera che Gesù ci ha insegnato. Chi lamentava che avesse preferito una terribile versione pop alle splendide melodie tradizionali. Chi sottolineava soddisfatto che era evidente, in quel testo, l'influsso della Teologia della liberazione. Chi osservava che così si andava oltre non solo Benedetto XVI, che notoriamente predilige ben altra musica, ma anche Giovanni Paolo II, che nel 1997 si era intrattenuto con Bob Dylan. Chi arrivava a insinuare che forse Simon e Garfunkel erano gay; meglio avrebbe fatto a cantare un pezzo di Al Bano e Romina, divorziati ma amici di Madre Teresa di Calcutta. E chi gli rimproverava qualche stecca.Solo su www.vatican.va un breve comunicato di padre Lombardi precisava che l'esibizione non era, ovviamente, di papa Francesco, bensì di Maurizio Crozza. Nessuno se n'era accorto. Nessuno aveva voluto accorgersene…
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