giovedì 17 marzo 2011
Il dovere terreno: il dovere di aiutare, il dovere di risvegliare. C'è un impegno identico sia dell'uomo verso la divinità sia della divinità verso l'uomo: è il dovere dell'aiuto.

«Il dovere è quello che ci aspettiamo dagli altri», scherzava (ma non troppo) Oscar Wilde. Implacabili nel denunciare i doveri della società, della politica, della carità pubblica nei confronti nostri, siamo invece reticenti e sfuggenti quando si tratta di elencare i nostri impegni nei riguardi del prossimo. Siamo draconiani nell'esigere rispetto dei nostri diritti, ma evasivi quando di scena sono i nostri obblighi. L'enfasi o la perentorietà con cui si celebra la tavola dei diritti si dissolve come neve al sole quando si elencano le mancanze rispetto alle nostre responsabilità, lasciando invece fiorire una distesa di giustificazioni, scusanti, attenuanti.
Ma oggi, con quanto ha scritto sul dovere l'autore austriaco da noi citato, Hermann Broch, morto esule in America nel 1951 per sfuggire al nazismo, siamo invitati a considerare la radice profonda del nostro impegno verso gli altri, ossia l'aiuto (la riflessione è desunta dall'opera La morte di Virgilio che è un monologo interiore, un esame di coscienza dello scrittore viennese). Dio e uomo si ritrovano proprio in questo atto, che si potrebbe cristianamente chiamare amore. Io, però " di fronte a un tema così chiaro ed esplicito da non aver bisogno di tanti commenti ma solo di attuazione " tenterei di rigirarlo al negativo con una frase severa ma incontestabile dei Promessi Sposi di Manzoni: «Volete aver molti in aiuto? Cercate di non averne bisogno». È amara questa annotazione, ma quanti accorrono in aiuto del vincitore e si guardano bene di interessarsi di chi è caduto o è in difficoltà.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: