martedì 28 dicembre 2004
Mentre la beata Umiliana de' Cerchi giaceva per infermità nel suo letto, ecco un bambino di quattro anni o poco meno, dal volto bellissimo, che giocava con impegno proprio nella sua cella, davanti a lei. Quando lo vide, provò una grande gioia, credendo che fosse un messaggero del sommo Re. Rivolgendogli la parola disse: «Carissimo bambino, non sai far altro che giocare?». E il bambino: «Che altro volete che faccia?». La beata Umiliana: «Voglio che tu mi dica qualcosa di bello su Dio». E il bambino rispose: «Credi che sia bene e giusto che uno parli di se stesso?». Questo delizioso racconto è presente nella Vita della beata Umiliana de' Cerchi (1219-1246), scritta da fra' Vito da Cortona e raccolta nel volume Scrittrici mistiche italiane (Marietti 1988). La mistica fiorentina crede che in quel piccolino si celi un angioletto e, invece, è Dio stesso a scegliere di raffigurarsi non solo in un bambino ma in un bambino che gioca. Non si dimentichi che già nel libro biblico dei Proverbi (8, 30-31) la Sapienza divina era raffigurata come una giovane che danzava nell'orizzonte del mondo deliziandosi e divertendosi. È suggestivo questo appello a ritrovare la capacità di sorridere e il gusto della serenità come doni divini. Nelle piccole cose può annidarsi una scintilla di felicità che è superiore a certi godimenti freneticamente perseguiti. Persino l'acre sapiente biblico Qohelet ripete per sette volte nel suo libro che è necessario saper cogliere i piccoli frutti di gioia che sono disseminati in un'esistenza magari amara e oscura. Dio ci attende, perciò, non tanto nelle grandissime epifanie di luce (certo, talora accade anche così) ma nel gioco quieto e sereno di un bambino, ossia nella semplicità, nella purezza, nella quotidianità. Un Dio che sorride e che gioisce in modo limpido e normale.
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