giovedì 18 marzo 2004
Eccomi davanti a te, Signore! Attendo le tue mani sul mio capo prima di tuffarmi nel giorno. Tieni i tuoi occhi su di me! Non venga mai meno la certezza della tua amicizia. La tua musica calmi i miei pensieri nel rombo frettoloso della strada. Il sole del tuo amore, anche nei giorni di bufera, renda generosa la mia mente e alimenti di luce la mia vita perché maturi come frumento. Era legato a una spiritualità ben precisa, quella indiana, eppure seppe esprimere nella sua poesia l'anelito universale dell'anima a Dio. E' per questo che Tagore (1861-1941) scrittore di Calcutta, è molto amato anche in Occidente. Sua è la preghiera del mattino che oggi proponiamo e che, come tutti capiranno dopo averla recitata, non ha bisogno di commento. Vorrei, perciò, mettere l'accento solo su due frasi. La prima è questa: «Tieni i tuoi occhi su di me!». E' significativo che nel Salterio biblico si parli spesso dello sguardo e del volto di Dio sul suo fedele che, a sua volta, contempla il proprio Signore. Per far questo - vedere l'Invisibile - è necessario il silenzio interiore, la sosta, l'astinenza dalle distrazioni e dalla superficialità. E', questo, un esercizio arduo nei nostri giorni fracassoni e dissipati. Ha, allora, senso la seconda frase: «La tua musica calmi i miei pensieri nel rombo frettoloso della strada». Forse questa mattina o al rientro dal lavoro stasera bisognerebbe decidersi a varcare la soglia di una chiesa, lasciando per pochi minuti alle spalle il rumore frenetico della strada. E là, nel silenzio e nella penombra, cercare di incontrare Dio e il proprio io, lasciandoci illuminare da quello sguardo misterioso e segreto che solo la preghiera permette di incrociare col nostro.
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