Glynn, 48 anni in prigione da innocente: «C’era Dio»
giovedì 29 febbraio 2024
Quella di Glynn Simmons è una storia di fede. In Dio, nella sua famiglia, nelle sue forze. Nella vita. Il nativo della Louisiana aveva 22 anni quando è finito in prigione con una condanna a morte per omicidio, poi commutata in ergastolo. E ne aveva 70 lo scorso luglio quando ne è uscito, sfinito e ammalato di cancro al colon, dopo una vita solitaria lontano prima dai da figli, poi da nipoti e dai bisnipoti. La parte più crudele? Simmons non ha mai ucciso nessuno. «Quando sei totalmente innocente, pensi: È un errore, verrà corretto. E non ho mai perso fiducia che succedesse, perché credo in Dio e credo nella giustizia», dice oggi da Oklahoma City, dove vive con il figlio Glenn e passa ogni minuto non occupato dalla chemioterapia con la sua numerosa famiglia. Ma 48 anni dietro le sbarre per un delitto mai commesso sono enormemente tanti. E Simmons, che detiene il triste record della detenzione ingiusta più lunga della storia americana, ammette di infuriarsi ancora quando pensa ai due terzi di vita che lo Stato dell’Oklahoma gli ha rubato. «Allora non ci penso — aggiunge — perché quello che è stato non si può cambiare. Penso invece a fare in modo che chi ha sbagliato assuma le sue responsabilità. Non per punire, ma per ristabilire un senso di giustizia». Simmons vuole delle scuse. «Lo Stato non l’ha ancora fatto. Per me è importante». Poi si aspetta un risarcimento. Che non sarà lauto, ma lo aiuterà a continuare a curarsi. Secondo la legge dell'Oklahoma, infatti, gli sono dovuti 175.000 dollari per compensarlo del tempo passato in cella: 3.645 dollari per anno. Una somma ridicola secondo il buon senso e l’ordinamento di altri Stati, come il Texas e il Kansas, che danno 80.000 e 50.000 dollari per ogni 12 mesi di detenzione immotivata. In ogni caso, Simmons non ha ancora visto un centesimo, e copre le spese mediche con il denaro racimolato grazie a una raccolta GoFundMe. «La generosità di tanta gente è stata una sorpresa che ha alimentato la mia fede». Il fondo online aveva fissato un obiettivo iniziale di 50.000 dollari prima della sua scarcerazione. Non appena la sua storia è apparsa sui media, i contributi si sono impennati e oggi hanno superato i 360.000 dollari, con più di un anonimo donatore che ha versato oltre 30.000 dollari. «Credo che un giorno il risarcimento statale arriverà — dice — ma non so se ho il lusso di aspettare a lungo». Simmons vorrebbe anche che il sistema legale dell’Oklahoma cambiasse per evitare che altri siano vittime di errori giudiziari così madornali, soprattutto a causa del colore della sua pelle. Nel 1974 l'accusa aveva infatti basato il suo caso su un presunto “riconoscimento” da parte di una testimone dell’omicidio. Ma aveva omesso di dire che la polizia non aveva presentato alla donna il sospetto in fila insieme ad altre persone, senza segni identificativi. Le aveva mostrato Simmons, un giovane nero, da solo, con la tuta arancione da carcerato e le manette ai polsi, chiedendole se era lui ad aver sparato. Il pubblico ministero aveva anche trascurato di segnalare alla giuria che la testimone aveva identificato altri quattro uomini. Simmons non ha mai smesso di cercare di far riaprire il suo processo. Non ci è riuscito per 46 anni. Nel 2021 ha saputo che Joe Norwood, un avvocato di Tulsa, aveva fatto scagionare un detenuto dopo 28 anni di prigione per un omicidio che non aveva commesso, e l’ha contattato. Norwood ha rapidamente identificato tutti gli errori nel procedimento, compreso il fatto che l'avvocato difensore di Simmons non aveva convocato tutte le persone che potevano fornirgli un alibi. L’avvocato qualche anno più tardi è stato radiato dall'albo. Due anni dopo Simmons è uscito di prigione. Ci sono voluti altri sei mesi perché un giudice lo dichiarasse ufficialmente innocente per «non aver mai commesso il reato». «È stato un momento incredibile — ammette con una risatina —, mi ha dato la volontà di guardare avanti. Anche perché la mia fede è sempre più forte e devo ammettere che, anche da malato, la vita fuori dalla prigione è proprio bella. Il Natale, gli alberi, le persone. Sono grato a Dio e tutti quelli che mi hanno aiutato a poterla assaporare di nuovo». © riproduzione riservata
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