sabato 3 giugno 2017
«Su questo ti do ragione, anche se non sempre sono d'accordo con te»: capita che ve lo dicano? Io rimango stupefatta. La precisazione - «non sempre» - è pleonastica. Non si danno in natura due persone sempre d'accordo su tutto. E se ci fossero ci si dovrebbe preoccupare. Come nelle prime amicizie da bambini, quando è richiesta assoluta identità di vedute e il disincanto brucia: non sei più mio amico/a, eccetera. Ci stiamo infantilizzando?
Tra le tante educazioni necessarie ci sarebbe quella a sostenere i conflitti. Imparare a misurarsi con le inevitabili divergenze senza vagheggiare la distruzione completa dell'avversario, che ti è contro in quella circostanza ma potrebbe essere con te in un'altra.
Le chiamerei «geometrie variabili». Non nel senso angusto dell'opportunismo politicante, ma come fattore dinamico e propulsore di pace: la relativizzazione dell'inimicizia è un'ottima lezione. Non permettere alle differenze contingenti di precipitare in odio stabile.
Nel «Manifesto per la soppressione dei partiti politici», scritto nel 1943, Simone Weil afferma che la loro eliminazione costituirebbe «un bene quasi allo stato puro» perché il fatto di prendere posizione ha sostituito lo sforzo di pensare. Al loro posto vede movimenti di opinione fluidi, senza separazioni nette interno-esterno, che convergono e divergono su singoli obiettivi.
Un modello da tenere all'orizzonte.
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