domenica 22 maggio 2005
Sono certo che Dio ha scoperto me, ma non sono certo se io ho scoperto Dio. La fede è un dono, ma è nello stesso tempo una conquista.
La Trinità, che oggi la liturgia propone nella celebrazione, è l'espressione suprema del Dio cristiano. Ed è di Dio e della fede che oggi vorremmo parlare, consapevoli di riuscire solo a balbettare qualche parola come accade tutte le volte che ci si accosta al mistero, alla sua luce e al suo infinito. Ci siamo affidati a una considerazione di p. David M. Turoldo che punta diritto al cuore della fede e ai suoi due volti, dono e conquista. È, infatti, Dio che si muove per primo, anticipando la ricerca della sua creatura, tant'è vero che san Paolo citava una frase isaiana emblematica in cui il Signore affermava: «Io mi sono fatto trovare anche da quelli che non mi cercavano, ho risposto anche a quelli che non mi invocavano» (Romani 10, 20).Come dice Turoldo, è Dio che scopre noi, mettendosi sulle nostre strade, parandosi innanzi mentre stiamo vagando verso falsi miti o illusioni o distrazioni. Ma la sua epifania - tranne in pochi casi (pensiamo appunto a Paolo e alla sua "via di Damasco") - non è sfolgorante e accecante, non costringe la nostra libertà a un assenso forzato e obbligato. Esige un'adesione personale, libera, anche faticosa. I nostri occhi devono aprirsi perché noi vogliamo vedere. Come ricordava Dostoevskij, Cristo non è sceso dalla croce, come gli chiedeva la folla, perché «egli aveva sete di una fede libera, fiorita dal cuore e dalla volontà e non fondata su un prodigio».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: