Elsa Morante e il segreto delle idee da trattare sempre come personaggi
venerdì 4 dicembre 2015
La narrativa italiana del Novecento deve a Elsa Morante la serie di romanzi più complessi, poetici, drammatici e direi filosofici: cosa che viene perfettamente spiegata da Angela Borghesi nel suo studio, appena uscito da Quodlibet, Una storia invisibile (pagine 192, euro 18,00), su Morante, Ortese e il pensiero di Simone Weil. Ma fra tutti i libri della scrittrice, quello che più mi ricorda le lunghe conversazioni avute con lei dal 1975 al 1981 sono i suoi non molti e brevi saggi raccolti nel volumetto Adelphi Pro o contro la bomba atomica.Oltre a essere naturalmente dotata fin dall'infanzia della più varia e dirompente immaginazione narrativa (le sue storie sono leggibili come ipnotici poemi in prosa), Elsa Morante era anche abitata dal dèmone della conoscenza e con il passare degli anni le sue letture l'hanno spinta, quasi costretta, sulla via di una riflessione sempre più appassionata e impegnata. Soprattutto i suoi due ultimi romanzi, La Storia e Aracoeli, nascono da interrogativi morali, politici, religiosi e filosofici. Aveva letto e rileggeva, oltre a Dante e Proust,i Vangeli e le Upanishad, l'Apologia di Socrate e Spinoza, testi buddhisti accanto a Freud e Einstein. Parlando con lei, questa passione riflessiva era sempre presente, ma le idee non erano astrazioni, diventavano personaggi e destini possibili.Il saggio “Pro o contro la bomba atomica” che dà il titolo alla raccolta è uno dei testi di pensiero più ispirati e coraggiosi della nostra letteratura. La creazione della bomba è interpretata come il sintomo, la materializzazione di un oscuro e crescente istinto suicida: mostra che «l'umanità contemporanea prova la occulta tentazione di disintegrarsi». Fra l'istinto di vita (Eros) e l'istinto di morte (Thanatos) sembra che quest'ultimo si imponga proprio attraverso il potere di una scienza e di una tecnica svincolate dal senso dell'umano. Uno dei contrappesi più forti a una tale diagnosi sono i saggi dedicati al romanzo, alla poesia di Saba e alla pittura di Beato Angelico «propagandista del Paradiso»: poiché «agli artisti, come ai santi, noi chiediamo la difficile carità di rispondere alle nostre domande più disperate e confuse». Infine, vero gioco di conversazione, le due pagine sui tre personaggi che secondo la Morante sono la radice di tutti gli altri: Achille, don Chisciotte e Amleto. Il primo è «il greco dell'età felice» a cui la realtà appare «nuova e assolutamente naturale». Il secondo non accetta la realtà e «cerca salvezza nella finzione». Amleto non trova salvezza neppure nella finzione «e alla fine sceglie di non essere». La maggior parte dei personaggi moderni somigliano a lui.
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