E il biblo-tennista (tifoso) commentò il ritiro di Federer
mercoledì 28 settembre 2022
Ludwig Monti è un biblista di 48 anni, già monaco della comunità di Bose. Il sito di “Vita e Pensiero” ( bit.ly/3RgAgwU ) lo presenta precisando, dopo l'elenco delle riviste con le quali collabora, che «si occupa prevalentemente di cristianesimo delle origini, in particolare delle prime comunità cristiane nel contesto dei movimenti giudaici contemporanei, con degli sconfinamenti nei territori della patristica, della liturgia, della teologia e dell'antropologia». Ho scoperto, con compiaciuta empatia, che tanto l'elenco delle riviste quanto quello degli studi manca di una componente: il tennis, e segnatamente il tennis di Roger Federer. Tra i contributi di Ludwig Monti che “Alzo gli occhi verso il cielo” regolarmente riporta, infatti, ne è appena comparso uno, ripreso da “Il Tennis italiano” ( bit.ly/3rgkKq8 ) del 24 settembre, che rappresenta una vero e proprio compianto per il ritiro del famosissimo atleta svizzero dalle competizioni (anche “Avvenire”, con Mauro Berruto, lo ha commentato bit.ly/3Sk1uUG ). È di fatto l'ultima puntata di una rubrica intitolata, con autoironia e gusto per le contaminazioni, “Atto di Federer”; aggiungo che nei sommari dei suoi articoli la redazione definisce Monti «il nostro biblo-tennista», e che frattanto la rubrica è ripartita col titolo: “La Bibbia del tennis”. Tra i generi letterari con i quali si possono raccontare le competizioni sportive prediligo quello epico, che consente al tifoso di immergersi nel gesto atletico cui sta assistendo dimenticando il contesto mercantile che in genere lo circonda. Ma solo dei campioni assoluti si può parlare come si faceva degli eroi. Per questo, sebbene non abbia né cultura né competenza tennistica, e neppure – lo confesso – abbia mai visto Federer giocare una partita, ho apprezzato la rubrica di Ludwig Monti e in particolare i «pensieri confusi, velati di radiosa malinconia» sul ritiro del tennista svizzero. Nel formularli l'autore, continuando nel “gioco” che caratterizza questi suoi scritti, utilizza ripetutamente riferimenti biblici e teologici: dalle riflessioni sulla fine alla luce della mistica e di Bonhoeffer ai «granelli di eternità» che Monti dice siano stati vissuti da chi ha visto questo atleta giocare. Senza dimenticare che – parafrasando Qohelet – «c'è un tempo per vincere e un tempo per finire».
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