Due lezioni di una catechista tra accoglienza e ben altro da fare
venerdì 11 settembre 2015
Da diversi giorni a questa parte l’informazione ecclesiale sulla Rete funziona così: il Papa prende la parola (nell’ordine: sull’indulgenza durante il prossimo Giubileo; sull’accogliere in ogni parrocchia migranti e profughi; sul matrimonio e quindi sul prossimo Sinodo) e da essa ha incremento, in prima battuta, la rassegna–stampa intestata a lui, e in seconda battuta quella intestabile al tema che lui ha rilanciato, dal momento che altri soggetti recepiscono e declinano (o eventualmente discutono) il suo insegnamento. La sola eccezione ha riguardato l’uscita a cambiare gli occhiali: in effetti, se un vescovo ha fatto o fa altrettanto non è una notizia.
Così nel mio ultimo monitoraggio le risposte all’appello all’accoglienza cristiana di migranti e profughi impegnano un intervento su cinque. Con un tasso di “benaltrismo”, in certi commenti sui social network, ben focalizzato da questo post su Facebook, che riporto. «C’è un’urgenza? Spunta sempre qualcuno veloce veloce a scaricare la propria coscienza ricordando che sono ben altre le cose da fare... i nostri poveri contro i profughi o i nostri alluvionati contro quelli del Sud... e alla fine bello tranquillo non aiuta né questi né quelli... Allora ho un messaggio: caro benaltrista, io mi preoccupo dei lontani e tu pensa pure ai vicini. Il mondo migliorerà». Lo ha scritto Assunta Steccanella, una pastoralista dedita alla catechesi e alla formazione dei catechisti, che ha anche un blog (http://tinyurl.com/p4wow5n), ma lo usa prevalentemente per fare e non per dire, preferendo a quest’ultimo fine la tribuna collettiva di “Vino Nuovo”.
Oltre a condividere le sue parole, segnalo – come contributo alla irrisolvibile querelle su come ci si parla in Rete, specie se cristiani – un tratto di stile. Nella titolazione del post si descrive «su tutte le furie», con annesso emoticon. Ma se questa, così educata ed equilibrata, è l’”Assunta furiosa”... Grazie per questa lezione nella lezione.
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