
Almeno, con Dio le cose sono chiare: se cerchiamo la sua benevolenza e il suo perdono, dobbiamo per primi darne prova, e saremo trattati come noi avremo trattato gli altri. «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7), dice Gesù: un do ut des, è questa la giustizia. Non è granché rassicurante, però: se Dio non perdona meglio di me, se mi giudica col metro delle mie proprie, ristrette misure, ho forse qualche motivo di preoccupazione. Ma la logica di Gesù non è di invitarmi al calcolo di quante volte io debba perdonare per assicurarmi un posto in paradiso. Finché ci interrogheremo sui punti guadagnati con questa o quell’azione, vuol dire che non avremo capito niente del Regno di Dio. Ciò di cui Gesù qui parla è proprio di misericordia: la logica del Regno non è quella della giustizia, dove tutto si merita, ma della grazia, dove tutto è donato. Gesù non fa del perdono e dell’assenza di giudizio delle condizioni per entrarvi, ma dei segni: finché viviamo nel rancore e nel calcolo, ancora non ci siamo, non abbiamo ancora cominciato a piantarvi la nostra tenda. Per farci entrare nel Regno, è Dio che prende l’iniziativa: senza che noi abbiamo meritato nulla, egli ci ha amato per primo. Accogliere questo amore gratuito significa entrare già sulla via della misericordia.
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