Dietro le quinte del Festival
martedì 11 febbraio 2020
Come se non bastassero le cinque interminabili serate (divenute nottate), Rai 1 ha voluto quest'anno prolungare ulteriormente l'effetto Festival aggiungendo all'ormai tradizionale Domenica in... Speciale Sanremo, in diretta nel pomeriggio dal Teatro Ariston, un Dietro Festival, nel cosiddetto access prime time, che in una quarantina di minuti, con la firma di Federico Catalano, ha ripercorso giorno per giorno, da dietro le quinte, le cinque tappe della kermesse canora nazionale che una volta di più ha imposto al Paese l'argomento unico delle conversazioni che adesso potranno continuare grazie proprio a questo piccolo programma che ha offerto materia ghiotta documentando, ad esempio, il battibecco del “Giorno 4” tra Morgan e Bugo un attimo prima di entrare in scena. Ma non solo: il “Giorno 3” i due cantanti erano già ai ferri corti e Catalano ce l'ha fatto vedere con Morgan che mostra ai componenti de Le Vibrazioni un messaggio ricevuto da Bugo. Per il resto abbiamo assistito al segno di Croce di Amadeus prima di scendere sul palco, ad Al Bano che guarda perplesso nel monitor l'esibizione di Achille Lauro in tutina, a Sabrina Salerno che si fa massaggiare i piedi da una autrice, ma anche a Tosca che apprende dalla tv al ristorante di aver vinto la sua serata o a Zucchero particolarmente esigente con le proprie coriste durante le prove. Tra un giorno e l'altro si è trovato lo spazio per parlare dell'uomo delle buste, Antonio Capone, una colonna del dietro le quinte del Festival, di quegli spazi angusti dove tra un camerino e una postazione antincendio regna il caos assoluto, dove ci si trucca, si gorgheggia, si canta, si balla, si ripassano i testi, si ride, si scherza, si piange. Il tutto nel retro di un teatro normale, anche più piccolo di quello che sembra in televisione, pieno di un numero esagerato di persone. Ha ragione Antonella Clerici quando dice che in tv si vede il davanti, ma è dietro che accadono le cose più interessanti. In effetti Dietro Festival dà bene l'idea di quello che Piero Pelù ha definito un manicomio. Un manicomio dal quale alla fine non si sa come esce comunque uno spettacolo che nel bene e nel male, volenti o nolenti, favorevoli e contrari, coinvolge tutti.
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