Dentro i drammi del Forteto
giovedì 24 settembre 2020
Partiamo da un dato di fatto: il 6 novembre 2019 la Cassazione ha condannato in via definitiva Rodolfo Fiesoli a 14 anni e 10 mesi. Quindi per la giustizia italiana il fondatore del Forteto è responsabile di abusi su minori e di maltrattamenti. Su questo non si discute. Semmai c’è da capire come si è arrivati a tanto e se si è fatta piena luce su quello che per trent’anni è successo all’interno della comunità fondata in Mugello nel 1977 come cooperativa agricola ritenuta modello di un nuovo modo di vivere e lavorare tanto da vedersi affidati nel corso del tempo una novantina di ragazzi. A offrirci una ricostruzione dei fatti, attraverso testimonianze dirette e drammatiche, è la docu–serie in due parti, Il Forteto, firmata dal regista livornese Simone Manetti, in onda martedì e ieri sera alle 22,00 su Crime+Investigation (canale 119 di Sky). Gli ideali di una vita comunitaria, autogestita, sostenuta dai prodotti del proprio lavoro, il fascino e l’esuberanza del Fiesoli sono tra le motivazioni che alla fine degli anni Settanta spinsero un centinaio di giovani a stabilirsi al Forteto diventando ben presto succubi plagiati e impotenti del fondatore, una sorta di santone a capo di una setta in cui si celebravano matrimoni per ottenere le adozioni, mentre nella realtà uomini e donne vivevano separati, costretti a rapporti omosessuali. Al Forteto ogni problema personale nascondeva un trauma di natura sessuale. I bambini erano forzati ad ammetterlo. Chi non lo faceva veniva messo alla gogna, umiliato, emarginato, picchiato. Tanto che Fiesoli, già nel 1978, fu arrestato con l’accusa di abuso di titoli, plagio, maltrattamenti e atti di libidine violenti nei confronti di minori. Sei mesi dopo era di nuovo al Forteto pronto ad accogliere altri ragazzi in quel mondo chiuso e impenetrabile dal quale era impossibile fuggire. Solo adesso vittime e testimoni riescono a parlarne. E Manetti li lascia parlare, senza interferire. Tra le testimonianze, la più lucida è senz’altro quella di Giuseppe Aversa, affidato al Forteto quando aveva 10 anni e che ora lascia intendere (e con lui il regista) che non tutto è venuto a galla e che ancora non si è posta fine alla sofferenza di chi ha vissuto un inferno.
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