Così si salvarono i ragazzi della grotta
mercoledì 30 ottobre 2019
Per quasi tre settimane la vita di tredici ragazzi è appesa a un filo. Sono bloccati in una grotta all'apparenza irraggiungibile. Poi, contro ogni previsione, vengono individuati e riportati in superficie. Si tratta di uno dei più grandi e drammatici salvataggi di tutti i tempi. Ma restano delle domande: perché sono rimasti intrappolati e com'è stato possibile salvarli? A queste domande risponde il documentario Trappola mortale: i ragazzi della grotta, andato in onda ieri in prima serata su National Geographic (canale 403 di Sky) con la regia di Kevin MacDonald. Il 23 giugno 2018, i giovani giocatori di una squadra locale e il loro allenatore decidono di esplorare il sistema di grotte Tham Luang in Thailandia. Ha inizio in quel momento una storia che terrà il mondo con il fiato sospeso per seguire un'imponente attività di recupero. Serviranno infatti diciotto giorni, diciassette speleologi subacquei, duecento bombole d'ossigeno, mille e cinquecento metri di corda, diecimila volontari provenienti da venti Paesi diversi e purtroppo la morte di un soccorritore, per riportare in salvo i ragazzi. Dieci mesi dopo, una squadra di speleologi inglesi decide di effettuare il primo rilievo digitale in 3D all'interno della grotta. Entrano nelle viscere della montagna nella Thailandia del Nord durante la stagione secca. Furono infatti le piogge monsoniche ad allagare improvvisamente i cunicoli sotterranei e bloccare i ragazzi in un unico angusto spazio asciutto. Ma anche senza acqua e fango, tornare in quel punto è un'impresa. C'è un percorso di un chilometro e mezzo con passaggi non più alti di settanta centimetri, difficili da attraversare in condizioni normali e che i soccorritori, trascinando un ragazzo per volta opportunamente sedato, attraversarono completamente immersi nell'acqua fangosa, con le bombole dell'ossigeno, seguendo un cavo con la mano. Nel racconto, almeno a livello di doppiaggio, c'è una certa enfasi drammatica. Anche la musica è da thriller. Ma il mix di immagini di repertorio (quelle vere del ritrovamento e poi del salvataggio dei ragazzi) con le ricostruzioni virtuali e le testimonianze dei soccorritori fanno capire come realmente quell'operazione abbia avuto del miracoloso.
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