mercoledì 28 agosto 2002
Insegnami la dolcezza ispirandomi la carità; insegnami la disciplina dandomi la pazienza; insegnami la scienza illuminandomi la mente.Il 28 agosto 430 moriva a Ippona, nell'Africa proconsolare romana, s. Agostino. Di questa città era stato vescovo per ben 35 anni. Ricordiamo la sua figura gigantesca nella storia della cristianità come di tutto l'Occidente con una sua preghiera desunta da un commento che il Padre della Chiesa aveva fatto al Salmo 118 (119). Come è noto, la teologia di Agostino è spesso ritmata in invocazione e lode. In poche righe vengono chieste a Dio tre coppie di doni, preziosi per poter vivere in pienezza.C'è innanzitutto la dolcezza nel comportamento, nel dialogo, nell'esistenza: essa nasce dalla carità che è il primo di tutti i doni, come aveva insegnato l'apostolo Paolo ai Corinzi: «Tre sono le cose che permangono: la fede, la speranza e la carità. Ma di tutte più grande è la carità» (I, 13, 13). C'è poi il rigore, l'esercizio serio e severo, la disciplina dei sentimenti e delle passioni. E questo lo si ottiene attraverso la pazienza, un dono necessario per trattenere il magma che sobbolle dentro di noi e che spesso tenderebbe ad esplodere in modo incandescente. S. Francesco nei Fioretti diceva che «la pazienza è opera di perfezione e prova di virtù». Infine, ecco la conoscenza della verità («la scienza»): essa sboccia solo se Dio illumina la mente aprendola alla ricerca e alla purezza del vero. Chiediamo anche noi a Dio dolcezza e carità, disciplina e pazienza, scienza e luce della mente.
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