Clima pazzo e speculazione sono costati 2 miliardi agli agricoltori italiani
domenica 23 settembre 2018
Nel 2017 il valore aggiunto agricolo è diminuito del 4,3%. Detto in altro modo, l'agricoltura si è vista tagliare qualcosa come due miliardi di euro di produzione. Colpa del clima impazzito e cioè dell'alternarsi di siccità prima e poi di troppa acqua e poi ancora di gran caldo e di gran gelo. Tutto in un susseguirsi di eventi che hanno mortificato le prospettive produttive di buona parte dell'agricoltura. Situazione difficile, quindi, alla quale occorre rispondere in vari modi, anche con la più forte fidelizzazione dei mercati e quindi con un'accentuazione dell'informazione rivolta ai consumatori.
A valutare lo scorso anno agricolo è stata in particolare la Coldiretti in occasione della diffusione dei conti economici nazionali Istat. Il valore aggiunto dell'agricoltura, silvicoltura e pesca – ha sottolineato la Coldiretti – è sceso a circa 28 miliardi di euro: il più basso degli ultimi cinque anni. Colpa del clima, come si è detto, ma anche, sempre secondi i coltivatori, di «manovre speculative per sottopagare i prodotti agli agricoltori con effetti negativi sul valore aggiunto». Mercati e clima quindi non sempre a favore dei campi e delle stalle nostrane. Da qui l'importanza della corretta informazione che significa trasparenza e chiarezza oltre che consapevolezza di ciò che si mangia. Per questo è da vedere bene la nuova consultazione sull'etichettatura degli alimenti avviata da Ismea e Ministero delle Politiche agricole e presentata a Torino nei giorni di Terra Madre Salone del Gusto (è possibile parteciparvi dal sito dell'Ismea). «Dopo il sondaggio del 2015 – ha spiegato una nota diffusa fra i padiglioni di Terra Madre –, i cui risultati sono stati alla base dei successivi provvedimenti normativi riguardanti l'etichettatura di origine di alcuni alimenti come pasta, latte e conserve di pomodoro, è stato messo a punto un analogo questionario da sottoporre nuovamente all'opinione pubblica». Le domande adesso sonderanno i consumatori sul tema dell'origine della materia prima e dell'indicazione in etichetta del luogo di trasformazione per valutare quanto sia maturato l'interesse dell'opinione pubblica italiana sulla trasparenza di queste informazioni. Ma non solo, perché l'indagine cercherà di capire anche la percezione dei consumatori circa l'importanza delle materie prime e del concetto di «100% italiano», oltre che effettuare un'analisi quantitativa per valutare l'andamento dei consumi e studiare il posizionamento di queste tipologie di alimenti sugli scaffali e i loro prezzi. Tutto per arrivare a capire se e cosa correggere nelle nuove etichette ormai rese obbligatorie quasi per tutti gli alimenti.
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