Clarisse, con lo sport salva le ragazze
giovedì 30 settembre 2021

Clarisse Machanguana è una bellissima mozambicana alta quasi due metri (1,96 cm, per l'esattezza) ed è una campionessa nello sport e nella vita. Ha giocato a basket nella Nba femminile americana (la Wnba), in Spagna e per 9 anni anche in Italia. Grazie a questo parla un ottimo italiano e dall'Arizona, dove si trova per un corso di formazione, racconta perché ha scelto di scendere in campo e giocare la sua sfida più importante per le ragazze mozambicane. «Ho praticato la pallacanestro dai 6 ai 40 anni (oggi ne ha 45, ndr). Quando ho smesso, volevo restare nell'ambito sportivo, ma non come allenatrice, perché ero davvero stanca della competizione. Stanca di una macchina finalizzata a trarre il massimo dalle persone, sempre e comunque», racconta.

Clarisse Machanguana

Clarisse Machanguana - Per gentile concessione di Clarisse Machanguana

E d'altra parte, tornata in Mozambico dopo una carriera folgorante all'estero, era rimasta sconvolta nel vedere come poco o nulla fosse cambiato nel destino delle più giovani. «In certe parti del mio Paese esistono i "riti sessuali": le ragazze vengono istruite dalle "madrine" su come compiacere gli uomini e così indotte ad avere rapporti sessuali precoci. Nelle comunità più povere, è comune che le famiglie offrano le figlie agli uomini in cambio di soldi».

La campagna contro lo stigma da Hiv. Clarisse è la terza da sinistra

La campagna contro lo stigma da Hiv. Clarisse è la terza da sinistra - Dal sito della Fondazione Clarisse Machanguana

Usanze tribali diffuse che allontanano le bambine dello studio (metà delle alunne lascia le scuole elementari) e le preparano a un destino di miseria e sottomissione. «Nel 2013 ho lasciato il basket, l'anno dopo ho creato una Fondazione che porta il mio nome. Portiamo nelle scuole i valori dello sport: credere in se stessi, darsi degli obiettivi e lottare per essi, autostima, dialogo... ». Tutto è cominciato quando in un incontro pubblico, Clarisse ha raccolto le confidenze di alcune ragazze: «Erano demotivate, pensavano di non valere niente, erano convinte che non avrebbero avuto niente di meglio dalla vita. Così ho pensato che dovevo dar loro una speranza, far intravedere loro che potevano farcela, grazie all'istruzione e alla motivazione giusta».

La Fondazione Clarisse Machanguana in 7 anni ha coinvolto 25mila studenti, con un programma nelle scuole che, organizzando mini-tornei di basket, insegna a inseguire i propri obiettivi. Inoltre «ogni anno formiamo 360 ragazze che portano il nostro programma nei rispettivi villaggi», continua Clarisse. «Attraverso lo sport e l'influenza dei modelli di ruolo, i giovani mozambicani sviluppano l'autostima e le competenze personali necessarie per terminare le scuole superiori e cercare poi un lavoro», si legge sul sito della Fondazione (machanguanafoundation.rf.dg).

Clarisse Machanguana parla ai giovani in un villaggio del Mozambico

Clarisse Machanguana parla ai giovani in un villaggio del Mozambico - Per gentile concessione di Clarisse Machanguana

Accanto al programma sportivo, si affianca anche una attività di promozione della salute femminile, contro i rapporti sessuali precoci e lo stigma dell'Hiv. «Le vittime designate della malattia sono le ragazze: vengono date in spose a uomini più grandi, che hanno già altre mogli. In Mozambico tutto questo è già vietato, ma continua ad accadere. Ecco perché il lavoro della Fondazione è importante, ma anche frustrante: puoi salvare alcune ragazze, ma sono sempre poche. Quello che bisogna cambiare è la comunità locale, la mentalità dei leader».

Clarisse ha una storia personale che la rende testimone credibile: oltre ai successi nello sport (ha giocato tra le altre squadre, nelle fila di Los Angeles Sparks, Charlotte Sting, Barcellona, Basket Parma e Athletic Spezia), ha coltivato una vita familiare intensa: già madre di un maschietto (oggi 16enne), 11 anni fa ha adottato una neonata mozambicana. «Quando la guardo, penso che anche lei avrebbe potuto essere vittima dell'ignoranza e dell'arretratezza. E come nello sport, non mi arrendo».

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