
Mia figlia era bambina quando siamo salite su una mongolfiera. Euforica lei, io abitata da una felicità che solo giorni dopo sono riuscita a decifrare. Grazie a quella breve avventura sollevandoci in alto le avevo trasmesso un valore decisivo: cambiare di prospettiva. Quanto ossigeno può dare il vedere e considerare le cose in modo diverso dal consueto. Osservarle dall’alto, come era in quel momento, noi sollevate sopra la città gigantesca, l’oceano di tetti di Parigi, la griglia geometrica degli arrondissement diventata una ragnatela minuscola, l’ansa della Senna che si srotolava larga e sinuosa a fare da spartiacque tra le porzioni di palazzi. In genere, allenarsi a guardare diversamente, anche dal basso, o di lato, come che sia, secondo visuali nuove. Ricordando gli occhi felici di mia figlia quel giorno mi sento orgogliosa: sono stata una brava madre, quella volta. Capace di mostrarle un lato più ampio delle cose. A distanza di molti anni, ogni tanto lei e io rievochiamo quel pomeriggio fantastico. L’educazione pedagogica si esercita anche attraverso gesti spontanei e involontari. Quanto a me, chissà quando e se davvero l’ho imparato: che se tutto si fa troppo difficile, o esiguo e troppo stretto, la chiave è cambiare punto di vista.
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