Amare senza misura come fa il Signore

Il Vangelo
September 3, 2025
  XXIII Domenica del Tempo ordinario - Anno C In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo». Chi ama lo sa, lo sente che il destinatario del suo amore vale molto più della propria vita, sa benissimo che per lui si getterebbe nel fuoco per salvarlo, che darebbe in cambio tutti i suoi averi e tutti i suoi respiri pur di non perderlo. Chi ama sa tutto questo: non esiste al mondo nulla di più prezioso se non la persona amata, che va riparata, difesa, strappata dalle mani di qualsiasi predatore, anche a costo della vita. Così scriveva Pierpaolo Pasolini: “…benché sembri assurdo, per un simile affetto, si potrebbe anche dare la vita. Anzi, io credo che questo affetto altro non sia che un pretesto per sapere di avere una possibilità – l’unica – di disfarsi senza dolore di se stessi.” E cosa ci chiede oggi Gesù se non di saltare a piè pari nel suo amore, di “disfarci della nostra vita” con i suoi legami e pesantezze per affidarci leggeri, cioè liberi, a Lui? Il nocciolo di questi versetti che oggi leggiamo e che possono sembrarci duri e perentori, credo sia proprio in quelle prime parole di Gesù: “…Se non mi ama di più” come se dicesse: “Vorrei per te essere quel che tu sei per me, che mi amassi come io ti amo.” Più amore, un po’ di più, di un amore incondizionato in cui l’unica condizione è amare smisuratamente; un amore in cui tutti gli altri amori si riflettono e acquistano una peso specifico diverso, più leggero e più intenso. Ma può mai essere a nostra portata un amore del genere? Non avevi proclamato che il regno è per tutti? Non ci avevi invitati a ripararci in te, anche se stanchi e oppressi? (Mt.11,28) Dove le mettiamo le nostre fatiche, dove riponiamo i nostri fardelli, le nostre preoccupazioni, i nostri dolori? Però poi continuavi così: “Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero” (Mt.11,30) Allora anche le Tue parole di oggi mi sembrano un invito chiaro, senza addolcimenti, alla leggerezza e alla libertà, uno scambio di pesi a nostro vantaggio, un inno all’amore che gratuitamente disfa, senza dolore, i propri ormeggi.Come canta Niccolò Fabi: “Lascio andare mio padre e mia madre…Per ogni tipo di viaggio meglio avere un bagaglio leggero/ Cerco di non trattenere più nulla/ Lascio tutto fluire/ La salvezza non si controlla/ Vince chi molla.” Si mollano le ancore e le vele, tutto ciò che ci trattiene e ci ferma in un porto che può sembrarci comodo e confortevole: Dio ci chiede di navigare senza paura con Lui, di affidarci al Suo vento. Di andare sempre più al largo. (Letture: Sapienza 9,13-18; Salmo 89; Lettera a Filèmone 1,9b-10.12-17; Luca 14,25-33)  

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