domenica 22 luglio 2007
Il Maestro pescava con l'amo, mai con la rete. Quando andava a caccia con l'arco, non tirava mai a un uccello sul nido.
Dal volumetto La felicità consapevole (Oscar Mondadori) che raccoglie un'antologia di aforismi di e su Confucio tratti dai suoi Dialoghi ho scelto un ricordo di questo maestro cinese vissuto nel VI sec. a.C. La metafora è chiara: la rete devasta i fondali e ammassa ogni genere di pesci, da quelli appena formati o rari a quelli di specie più robuste e prolifiche; quando vedi un uccello che è sul nido e sta covando, è pura crudeltà eliminarlo. A quest'ultimo proposito - lasciando tra parentesi la moderna discussione sulla caccia - anche la Bibbia reitera una norma umanitaria analoga e certamente antica: «Quando, cammin facendo, troverai sopra un albero o per terra un nido con uccellini o uova e la madre che sta covando, non prendere la madre sui figli» (Deuteronomio 22, 6).
In filigrana a questa scenetta o alla vicenda di Confucio c'è una virtù che ai nostri giorni è spesso marginalizzata, la compassione. Essa è un'iridescenza specifica della virtù maggiore per eccellenza, la carità, e ha a sua volta altre declinazioni concrete nella vita, come la misericordia, la pietà, la comprensione, l'indulgenza, la tenerezza, la delicatezza. In un mondo così sguaiato come il nostro, non si va troppo per il sottile e si spazza via ogni sentimento di finezza e di attenzione nei confronti dei deboli. Quante volte si assiste all'indifferenza di giovani e di adulti di fronte all'anziano o al disabile che sale su un mezzo pubblico: stravaccati sui sedili, li si ignora e persino li si sbeffeggia. Scriveva Dostoevskij nell'Idiota: «La compassione è la più importante e forse l'unica legge dell'umanità intera».
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