2023, l’anno peggiore per la libertà su Internet
venerdì 24 maggio 2024

«Il 2023 è stato l’anno peggiore per la libertà su Internet». La denuncia arriva da Access Now, un’organizzazione nata nel 2009 a difesa dei diritti digitali. A noi che viviamo in Italia viene facile pensare: com’è possibile? Eppure il rapporto «Shrinking Democracy, Growing Violence: Internet shutdowns in 2023» (e cioè, democrazia in calo, violenza in aumento: le “chiusure” di Internet nel 2023) redatto dall’organizzazione fa effetto «I governi di tutto il mondo continuano a chiudere Internet e le principali piattaforme di comunicazione digitale per mettere a tacere le libertà di espressione, bloccare l’accesso a informazioni e nascondere crimini atroci». Nel 2023, Access Now e la coalizione #KeepItOn (che comprende 334 organizzazioni in 106 paesi del mondo) hanno documentato 283 chiusure di Internet in 39 nazioni. «Si tratta del numero più alto di censure in un solo anno da quando abbiamo iniziato il nostro monitoraggio nel 2016». Rispetto al 2022 c’è stato un aumento del 41%.

A rendere ancora più preoccupanti i dati del rapporto c’è il fatto che a censurare Internet non sono stati solo regimi autoritari ma anche governi legittimi. La nazione che ha censurato più volte Internet è l’India, che nel 2023, l’ha fatto ben 116 volte. Seguono Myanmar (37 volte) e Iran (34 volte). Subito dopo il rapporto nomina Palestina (con 16 volte) e Ucraina (8 volte), con una differenza sostanziale rispetto alle altre nazioni: le censure in questi casi sono state operate rispettivamente da Israele e Russia, come arma di guerra. Il governo Pachistano si piazza al sesto posto con 7 censure totali, seguito dall’Iraq con 6, Azerbaigian con 5, Etiopia con 4 e Senegal con 4. Seguono Bangladesh, Russia, Giordania, Libia, Cina, Guinea, Mauritania, Oman, Tanzania, Turkmenistan, Sudan, Syria, Turchia, Algeria, Brasile, Cuba, Gabon, Indonesia, Kenya, Libano, Mozambico, Nepal, Qatar, Arabia Saudita, Suriname, Emirati Arabi Uniti, Uganda e Venezuela. A questo punto viene naturale chiedersi: quali sono stati i fattori scatenanti che hanno portato alle “chiusure” (leggi: censure) di Internet nel 2023? Il motivo principale è legato ai conflitti. Come spiega Access Now, «sempre più eserciti stanno utilizzando le censure della Rete come parte di una strategia deliberata per isolare le popolazioni dal mondo». Non a caso, nel 2023, nelle zone di conflitto ci sono stati 173 blocchi di Internet (più 26% rispetto al 2022) e sempre in corrispondenza di atti di grave violenza. Secondo Access Now, «anche alcune democrazie che spesso si posizionano come paladine della libertà di espressione, nel 2023 hanno avanzato argomentazioni pretestuose per bloccare o vietare determinate piattaforme di social media e non solo». Tenuto conto che in questo 2024 oltre 4 miliardi di persone sono chiamate a votare in oltre 70 nazioni, la deriva potrebbe peggiorare. In chiusura del suo rapporto Access Now, per fortuna, lascia spazio a uno spiraglio di luce. «Nonostante questi sviluppi preoccupanti, c’è stato un enorme sostegno da parte della comunità internazionale nella nostra lotta contro la chiusura di Internet».

Qualcosa si è mosso anche a livello dei governi. In Africa come in Iraq. E a chi temeva che le nuove leggi europee sui servizi digitali potessero essere usate anche come armi di censura, «i funzionari dell’UE hanno confermato che non saranno utilizzate per imporre blocchi arbitrari di Internet». Non solo. La Freedom Online Coalition – una partnership di 39 governi – «ha pubblicato una storica dichiarazione congiunta che esorta chi governa a smettere di usare la censura di Internet soprattutto durante i periodi elettorali». © riproduzione riservata

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