Con Jane Austen un’ode alla forza della scrittura cercando l’amore
Sempre sottile e scivoloso il crinale segnato dalle trasposizioni in forma cinematografica del mondo della letteratura e dintorni
Sempre sottile e scivoloso il crinale segnato dalle trasposizioni in forma cinematografica del mondo della letteratura e dintorni, siano film su biografie di scrittori, o intorno a temi chiave della narrativa. Il linguaggio del cinema è sincopato, vuole cortocircuiti, ellissi, enigmi, là dove dipanare temi letterari chiede ritmi opposti, analitici, lenti, e che sullo schermo spesso rischiano la prolissità. Se può parere brillante l’idea della regista Laura Piani di costruire una commedia romantica “in stile Jane Austen” ambientandola nei tempi attuali di Tinder e dell’amore virtuale, il risultato è però esile.
Non del tutto improbabile, il che è già molto, ma discutibile. Sfocata la trasposizione, tanto quanto sfocato il versante dell’attualità. Molto adatta invece la scelta della protagonista (Camille Rutherford), un’aspirante scrittrice impacciata e titubante, che a Parigi si guadagna da vivere facendo la libraia nella “Shakespeare & Company” vicino Nôtre Dame. Personaggio femminile in linea con Jane Austen, tanto da assomigliare alla protagonista di Persuasione, romanzo della scrittrice inglese, una donna che sa di avere “consapevolmente sfiorato la vita” nel mentre sente il peso di esser nata in un tempo sbagliato. Anacronistica come lei, la libraia, del tutto priva di alcuna moderna adrenalinica smania di riuscire, mostrarsi, “vincere”, vive appartata con la sorella e il nipotino, bravissima zia, alle prese con una platonico e regressivo tentativo d’amore con il migliore amico dei tempi dell’adolescenza. La sua solitudine (quello stato che oggi assurdamente si direbbe di “singletudine”) si complica e assume altro passo quando in modo del tutto inaspettato la giovane, perché il vecchio amico a sua insaputa ha inviato alcune pagine di un romanzo che lei va scrivendo, ottiene una residenza nientemeno che nella Jane Austen Foundation.
Allora tutto si mescola: l’amicizia fraterna e nuove possibilità amorose, crisi creativa e sconcerto per il profilarsi di nuove strade, oracoli sentimentali, ogni cosa trova esito e struttura in un ballo in stile ottocentesco dato nella solenne magione della famosa scrittrice, una lunga scena poco probabile per ambientazione e senso. Meglio quando, come nella migliore tradizione delle commedie romantiche (qui corroborata dall’apporto non della narrativa, ma della poesia), la goffa e incerta protagonista si decide infine ad aprire il cuore a chi ha toccato i suoi sentimenti. Nella stessa “Shakespeare & Company” dove è libraia, ecco un poeta (Jack Hirshman, impersonato dal regista Frederick Wiseman) declamare bellissimi versi del poema Path (Sentiero). Stare vicino al proprio cuore infranto, non divagare cercando invano di arginare il dolore, cantano quei versi. Essere umani: è allora che lasciato il timbro buffo non abbastanza buffo, la commedia non più sbilenca acquista infine spessore.
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