Il premio di maggioranza e il pareggio “alla tedesca”

September 20, 2025
Abbiamo lasciato questa rubrica mentre di discuteva intensamente del terzo mandato dei presidenti delle Regioni. Argomento che oggi è scomparso dai radar: per i “governatori” è il momento del voto, punto e basta. Invece è andata avanti, molto avanti, la riforma nota come “separazione delle carriere dei magistrati”. A breve arriverà alla quarta e definitiva lettura da parte del Parlamento, e tutta l’attenzione è già spostata sul referendum che si terrà nella prossima primavera. Delle grandi riforme istituzionali ventilate dal governo rischia di essere l’unica a completare il percorso, a prescindere dall’esito finale, appeso a una consultazione senza quorum che da Renzi in poi è diventata l’incubo dei governi. È anche per questo che il premierato è stato rinviato nel tempo dalla stessa Giorgia Meloni, che pure lo aveva ripetutamente battezzato «madre di tutte le riforme». Ma non solo per questo. Il punto è che la premier si è resa conto che un premierato di fatto già è in vigore – non a caso il suo governo tra un mese diventerà il terzo più longevo della storia della Repubblica – e soprattutto che qualcosa di molto simile al premierato si può ottenere modificando la legge elettorale, senza passare quindi per le insidiose strettoie dell’iter di revisione costituzionale. Lo schema che ha accompagnato dichiarazioni, indiscrezioni e dibattiti estivi è il seguente: abolizione dei collegi uninominali a vantaggio di un sistema proporzionale con premio di maggioranza del 55% dei seggi per le coalizioni che abbiano raggiunto almeno il 40% dei voti; e indicazione sulla scheda del nome del candidato premier. Sembrerebbe un profilo abbastanza ben definito, ma il detto secondo cui il diavolo si nasconde nei dettagli vale in modo estremamente pertinente per i sistemi elettorali, e quindi la possibilità di esprimere un giudizio serio richiede che ci si confronti su un testo preciso e stabilizzato. Il che è ancora di là da venire. Ci sarà tempo, dunque, per affrontare tutti i temi che una nuova legge elettorale porta con sé. Ma ce n’è uno in particolare che finora ha ricevuto meno attenzione di altri e che invece presenta implicazioni tecniche e politiche cruciali quando si progetta un sistema con premio di maggioranza in un ordinamento costituzionale contraddistinto dal “bicameralismo perfetto”. Nessuno può assicurare in astratto che il responso delle urne sia univoco per entrambi i rami del Parlamento e dunque e bisognerà introdurre un meccanismo che nel caso consenta di sciogliere il nodo in modo coerente. Sullo sfondo c’è una questione politica che accomuna Meloni e la leader pd Elly Schlein: per entrambe è assolutamente necessario evitare esiti che assomiglino in qualche modo a un pareggio e rendano inevitabile un governo di unità nazionale. Eventualità che sarebbe esiziale per i rispettivi progetti politici e che, a dispetto di quanto spesso si pensi, non è affatto una rarità italiana. Dei sei governi che la Germania ha avuto negli ultimi vent’anni, ben cinque sono stati di Grande Coalizione, conteggiavano D’Amico e Mingardi su Il Mulino a fine luglio. Con la situazione internazionale in cui ci troviamo è veramente arduo escludere a priori soluzioni emergenziali. Ma ora siamo sotto elezioni, e ciascuno sventola la propria bandiera. © riproduzione riservata

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