È caccia al colpevole ma cosa cerchiamo?

Dunque, l’impronta sulla scala della cantina di casa Poggi sarebbe della mano di Andrea Sempio
June 1, 2025
Dunque, l’impronta sulla scala della cantina di casa Poggi sarebbe della mano di Andrea Sempio. Macché, ribattono altri, è un’impronta inutilizzabile. Comunque – interviene un magistrato che ha precedentemente assolto Alberto Stasi – “nei minuti dell’omicidio è provato che l’imputato stava lavorando al pc”. E con un simile alibi, quel ragazzo l’hanno messo dentro per 18 anni? È questo oggi, oltre alla morte della giovane Chiara Poggi, il vero dramma di Garlasco: forse un innocente si è bruciato la giovinezza in galera. Tutto il resto è feuilleton macabro, gossip, video segreti, ragazzi annoiati in un’estate di 18 anni fa, nell’afosa Lomellina. Tutto il resto, oltre a una ragazza uccisa e forse a un innocente in carcere, è il nulla: insinuazioni, invenzioni, sparate di influencer in cerca di visibilità. Titoli, web, social impazziti. Caspita, si dice nelle redazioni, quanto tira questa storia: facciamoci un altro lancio. Sì, tira sui media la tragedia di Garlasco, e quanto: ora che da finita, chiusa, si è fatta irrisolta, gotica, irta di allusioni e ombre e preannunciate verità, che non arrivano. Audience alle stelle. Ma la gente perché clicca ancora, e ancora? La curiosità per il male c’è sempre stata. Il web però la moltiplica, è un frullatore impazzito di curiosità. Tuttavia: perché è così tanta? Perché i gialli, e tanto più quelli veri, sono una colla da cui è difficile staccarsi? Da vecchia lettrice di polizieschi – però di Simenon, che era altra cosa – ho il dubbio che la caccia al colpevole affascini perché allude a qualcosa di noi. Un colpevole: non siamo in tanti a cercarlo, senza confessarcelo? Un colpevole perché non siamo come vorremmo, o non riusciamo nella vita quanto dovremmo, o non siamo amati, o siamo meno ricchi e fortunati di altri. Un colpevole ci deve pur essere, a ben cercarlo, nella vita di molti, se in molti sono infelici. Così, quando sentiamo parlare di una “caccia” al colpevole, tendiamo l’orecchio. In un mondo che si è dimenticato della originarietà del male e del peccato, maniacalmente ci si diletta a inseguire responsabili di delitti a noi estranei. Senza fermarsi a farsi una domanda: cosa andiamo davvero cercando, e perché? Se solo ci si ricordasse che, più forte del male, c’è un Dio che perdona, un Dio di misericordia. Un Dio che sulle nostre colpe – vere, false o mai conosciute, giacché non siamo più abituati a pensarci – nella misericordia fa rinascere

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