Garante della Privacy, cosa è successo e perché Schlein vuole azzerarlo

Report riapre il caso authority. Mozione unitaria del campo largo per la tutela della libertà di stampa. Il partito della premier: «Giornalismo militante». Ranucci: «L'Autorità è ormai un tribunale politico»
November 10, 2025
Garante della Privacy, cosa è successo e perché Schlein vuole azzerarlo
Il Presidente del Garante per la Protezione dei Dati Personali Pasquale Stanzione in occasione del G7 Privacy Italia 2024 a Palazzo Poli Roma, 11 ottobre 2024. ANSA/FABIO CIMAGLIA (NPK)
La bufera sollevata da Report sul Garante della privacy rischia di far saltare l’intero collegio dell’authority e se le opposizioni ne chiedono l’immediato azzeramento, il partito di Giorgia Meloni non si fascia la testa, anzi asseconda l’ipotesi «con grande slancio». È il frutto politico della nuova puntata del programma di Sigfrido Ranucci (mandata in onda domenica sera), che si riverbera a Montecitorio e offre al campo largo l’occasione per marciare unito.
Pd e Avs sottoscrivono la mozione sulla tutela della libertà di stampa presentata dal deputato pentastellato Federico Cafiero de Raho. Testo oggetto ieri di una vibrante discussione in Aula, anticipata dalle schermaglie a distanza tra i leader di opposizione e la premier. Meloni replica alle richieste di dimissioni del Garante limitandosi a far notare che l'autorità «è eletta dal Parlamento», che il Governo non ha il potere di “destituirla” e che il collegio attuale è stato nominato durante il governo giallo-rosso, Pd e 5 stelle, con un presidente vicino ai dem. «Dire che il Garante sia pressato da un governo di centrodestra – argomenta – mi pare ridicolo» e «se il Pd e i 5s non si fidano di chi hanno messo all'Autorità per la Privacy, non se la possono prendere con me, potevano scegliere meglio». Il capo dell’esecutivo si dice anche disposta a discutere di una nuova legge sul Garante, anche se, puntualizza, non porta certo la sua firma: «Forse anche lì ve la dovreste prendere con qualcun altro», chiosa prima di volare a Bari per la chiusura della campagna elettorale del candidato di centrodestra alle regionali, Luigi Lobuono. Una posizione neutra, che però vira prepotentemente in serata con una nota del deputato Giovanni Donzelli: «La coerenza di Fratelli d'Italia resta la stessa di sempre: favorevoli, con grande slancio e giubilo, allo scioglimento di qualsiasi ente o autorità nominata dalla sinistra».
L’epilogo, se si arrivasse alle dimissioni, potrebbe anche spiazzare gli avversari, impegnati per l’intera giornata a tuonare contro il Garante «politicizzato». Elly Schlein lo fa prima di tutti. Per lei, spiega, contano i fatti emersi dall’inchiesta di Report, che evidenziano «un sistema opaco» tra «conflitti di interesse» e una «forte permeabilità alla politica». E questo rende necessario «ripartire da zero» ed eleggere un nuovo collegio. Stessa richiesta da Giuseppe Conte, che interviene in prima persona alla Camera. Le istituzioni di garanzia, tuona, «non possono diventare succursali di partito o di Colle Oppio» e Meloni, anche se «dichiara di non avere competenza, si scambiava messaggini con Ghiglia». Il riferimento è ai messaggi svelati da Report, nei quali la premier si complimentava con il membro del collegio eletto in quota FdI (Agostino Ghiglia appunto, molto vicino al partito di Meloni ed ex An). È anche vero che Report si è occupato pure del componente nominato dal M5s, Guido Scorza, nel mirino per possibili conflitti di interessi. Ma evidentemente ora Conte è disposto a sacrificarlo, tanto più che palesa l’intenzione di ripresentare la proposta di legge 5s proprio «per estirpare la malapianta di una politica opaca e clientelare».
Sponda Garante, invece, va registrato il passo falso di Scorza, che in un primo momento paventa l’ipotesi di un passo indietro («l’opzione è sul tavolo»), salvo poi ripensarci sostenendo che il collegio arriverà a scadenza naturale. Anche Ghiglia non si sottrae al confronto, ma respinge in modo categorico le richieste di dimissioni, perché a suo avviso «non c'è nessun motivo per farlo». Questo però prima delle dichiarazioni di Donzelli, che ora potrebbero anche spingere a un ripensamento.
Ranucci, da parte sua, chiarisce che dal suo punto di vista le dimissioni «sarebbero una sconfitta». Ma si dice anche convinto che l’autorità sia ormai diventata «una sorta di tribunale politico, dove i garanti decidono in base alle sensibilità politiche, ai conflitti di interessi e ai giochi clientelari». Poi, in risposta alle accuse di Federico Mollicone (FdI) sul suo «giornalismo militante», smorza i toni: «Menomale che siamo tornati nella realtà. Meglio questi attacchi che la solidarietà finta e ipocrita di questi giorni» Anche se, aggiunge, «non mi riferisco a Meloni perché penso sia stata sincera».

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