La manovra è stata stravolta. Pensioni e Ponte, cosa cambia

Piovono novità in serie: 780 milioni per lo Stretto spostati al 2033. Dal 2032 sale a 4 mesi la finestra per la pensione anticipata. Stretta sul riscatto della laurea breve: varrà meno. E da luglio 2026 silenzio-assenso per il Tfr dei neo-assunti
December 17, 2025
La manovra è stata stravolta. Pensioni e Ponte, cosa cambia
Il ministro Salvini all'inaugurazione della stazione Metro C Colosseo
Per allargare le maglie della manovra più risicata dell’era Meloni il Governo rispolvera un evergreen e nel maxi-emendamento depositato ieri in commissione Bilancio del Senato spunta un intervento sulle pensioni. Mentre per una parte consistente dei fondi destinati al Ponte sullo Stretto, con buona pace del vicepremier Matteo Salvini, arriva una rimodulazione che somiglia tanto a un rinvio sine die.
È la doppia mossa di Palazzo Chigi per far quadrare i conti della sua proposta di modifica e assegnare così nuove risorse alle imprese per la soddisfazione di Confindustria e la reazione indignata delle opposizioni. La stretta alle pensioni riguarda quelle anticipate, alle quali si può accedere con 42 anni e dieci mesi di contributi. L’emendamento dell’esecutivo interviene aumentando la “finestra mobile”, il tempo di attesa necessario dal raggiungimento dei requisiti all’uscita effettiva. Dai tre mesi previsti attualmente si salirà a quattro nel 2032, a cinque nell'anno successivo e a sei a partire dal 2034. Inoltre, sempre ai fini del pensionamento anticipato, non concorreranno più al raggiungimento dei parametri necessari sei mesi tra quelli di anzianità contributiva riscattati da una laurea breve, che aumenteranno di altri sei mesi all’anno per arrivare fino ai trenta totali per chi matura i requisiti nel 2035. Chiude il capitolo l’adesione automatica alla previdenza complementare per i lavoratori dipendenti del settore privato di prima assunzione, per i quali, da luglio 2026, scatterà il sistema del “silenzio-assenso” per il trasferimento del Tfr al fondo prescelto.
Riguardo al Ponte sullo Stretto, lo slittamento dell’assegnazione dei fondi non è trascurabile. Si parla di 780 milioni di euro che arriveranno solo nel 2033. Un rifinanziamento deciso alla luce «dell'aggiornamento dell'iter amministrativo», come spiega la relazione tecnica dell’emendamento, arrivato nello stesso giorno in cui la Corte dei Conti ha reso note le motivazioni della sentenza con cui ha sancito l’incompatibilità dell’iter di definizione del contratto tra il Mit e la Società Ponte sullo Stretto con le norme Ue.
Di contro, il credito di imposta per le microimprese e le Pmi della Zes aumenta vertiginosamente, dal 18% al 58% per il 2026. Come pure quello per “Transizione 5.0”, al quale saranno destinati 1,3 miliardi di euro in più. L’impostazione, come detto, piace agli industriali, fino a ieri piuttosto critici sul mancato impulso alla crescita: pur riservandosi il tempo di leggere con più attenzione i testi ricevuti dal Governo, il “numero uno” di Via dell’Astronomia, Emanuel Orsini, è già convinto che la manovra abbia imboccato «la direzione giusta». La promessa attenzione verso le imprese «si percepisce» chiaramente e in generale «si vedono gli sforzi» annunciati. Nello specifico, il presidente di Confindustria saluta con favore l’ampliamento di “Transizione 5.0” («una cosa che noi abbiamo chiesto») e si dice «contento» del potenziamento sulla Zes.
Opinione opposta dal fronte delle opposizioni, alle quali il testo del Governo non piace nel merito e neanche nel metodo. La legge di Bilancio approderà in aula il 22, con voto il giorno successivo, come deciso ieri dai capigruppo. Ma il punto per la minoranza è che l’emendamento dell’esecutivo particamente «riscrive la manovra», come osserva la dem Anna Ascani, e il termine fissato dal presidente della commissione Bilancio, Nicola Calandrini, per presentare i sub emendamenti (inizialmente alle 12 di oggi) non è ritenuto ragionevole. La scadenza è poi slittata alle 18, ma per il presidente dei senatori M5s a Palazzo Madama, Stefano Patuanelli, viste le cifre in ballo servirebbero almeno altre 48 ore. Del resto, come argomenta Raffaella Paita di Iv, la lentezza dell’iter non è dipesa dalle opposizioni e il ritardo, accusa Francesco Boccia del Pd, «non è tecnico ma politico», oltre che «clamoroso» perché si rischia l’esercizio. Questo emendamento, continua il capogruppo dem, è «un'altra manovra» e quello che è successo «è la riprova di un governo che si sente al di sopra di tutti, del Parlamento e dell'ordine giudiziario».
Sui contenuti gli attacchi arrivano soprattutto sul fronte delle pensioni. Alle sferzate di democratici e pentastellati si uniscono quelle di Avs, che con Angelo Bonelli accusa il «governo della guerra» di aver addirittura peggiorato la riforma Fornero e di «fare cassa ancora una volta sui lavoratori». La Cgil, se possibile, è ancora più dura e la segretaria confederale, Lara Ghiglione, si scaglia contro «un intervento punitivo» che renderà il sistema previdenziale «ancor più rigido e ingiusto».

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