È stata bocciata la sfiducia a Von der Leyen. Perché si votava
di Redazione
La mozione riguardava il cosiddetto "Pfizergate", un caso legato a come nel 2021 la presidente della Commissione Ue negoziò la fornitura di circa 1,8 miliardi di dosi di vaccino contro il Co

Bocciata la mozione di sfiducia nei confronti di Ursula von der Leyen con 360 voti contrari, 175 sì e 18 astenuti. Al voto hanno partecipato 553 eurodeputati, tranne FdI. Per passare, la mozione, presentata dal conservatore rumeno Gheorghe Piperea, avrebbe dovuto incassare 360 voti a favore e i due terzi dei voti espressi.
Il casus belli è stato il cosiddetto Pfizergate, legato a come nel 2021 la presidente della Commissione Ue negoziò direttamente con l’amministratore delegato di Pfizer Albert Bourla, anche scambiandosi sms con lui, la fornitura di circa 1,8 miliardi di dosi di vaccino contro il Covid-19. I messaggi divennero oggetto di interesse giornalistico e diverse testate chiesero di vederli, ma la Commissione Ue si rifiutò di renderli pubblici dicendo che erano irreperibili, senza specificare in che modo fossero spariti. Il New York Times fece causa e a maggio di quest’anno il Tribunale dell’Unione Europea (uno dei due tribunali che compongono il sistema giudiziario europeo) ha dato ragione alla testata Usa.
Il blitz contro la presidente della Commissione Ue è stato ordito da Piperea, eurodeputato di Aur e dei conservatori. In quella mozione, tuttavia, si è concentrata tutta la tensione che, da mesi, segna la maggioranza Ursula. L'accusa, da parte di verdi, socialisti e liberali, è ormai invariata: il Ppe, con la più classica della politica dei due forni, non tiene fede al patto europeista. L'ira dei socialisti questa volta sembrava avere un seguito con una plastica astensione ma, dopo una lunga riunione serale, lo strappo con von der Leyen è rientrato. «Abbiamo ottenuto il Fondo sociale» nel bilancio pluriennale, hanno spiegato fonti di S&D.
Per la numero uno dell'esecutivo europeo - nonostante il Ppe in mattinata avesse nuovamente fatto asse con l'estrema destra sui target sul clima - è stato così scongiurato uno scenario: vedersi votare quasi compattamente a favore solo popolari e liberali. I pontieri, alla fine, hanno avuto la meglio. Ma in aula, i socialisti rischiano di perdere pezzi. Qualcuno potrebbe comunque astenersi. È in Ecr che si annida invece una seconda sorpresa. I meloniani non hanno ancora sciolto le riserve, ma l'ordine di scuderia, al momento, sarebbe quello di seguire l'indicazione di Nicola Procaccini: lunedì, nel dibattito sulla sfiducia, il co-presidente di Ecr si è detto contrario al blitz dei suoi colleghi di gruppo. Ha parlato di posizione personale, ma la sensazione, già in quell'occasione, è che si trattasse di una indicazione di partito. L'esito del voto di fiducia, quindi, potrebbe vedere FI, FdI, Pd con la maggioranza Ursula, M5S e Lega contro.
I gruppi, mercoledì pomeriggio, hanno fatto nuovamente il punto. Nessuno si è sbilanciato, ciascuna delegazione attende la mossa dell'altra. Il no di FdI alla sfiducia dei sovranisti legherebbe a doppio filo Giorgia Meloni - che votò contro la presidente della Commissione Ue al Consiglio europeo, seguita dalla sua delegazione al Pe - alla maggioranza Ursula. La spaccatura con la Lega in Europa sarebbe plastica. Dall'altra parte dell'emiciclo, i socialisti a lungo in bilico tra lo strappo (l'astensione) e il voto pro-Ursula. «Il nostro gruppo ha chiesto un segnale chiaro di impegno e di conferma della maggioranza pro-europea a von der Leyen e ci aspettiamo questo segnale concreto prima del voto», ha avvertito Elly Schlein. La segretaria del Pd si è fatta interprete della linea più intransigente all'interno di S&D ma, alla fine, il gruppo di Iratxe Garcia Perez, trascinato dalla compagine spagnola e governista, ha deciso di dare un'altra chance alla numero uno di Palais Berlaymont.
Molto è dipeso da un tema caldissimo alle latitudine strasburghesi: quello del quadro finanziario pluriennale e, in particolare, della Coesione. Il cosiddetto fondo unico pensato da von der Leyen ha scatenato una rivoluzione trasversale tra i gruppi. Nelle ultime ore la Commissione, pur mantenendo lo schema dei piani nazionali, sembra aver fornito rassicurazioni su un ruolo centrale delle Regioni nella spesa dei fondi europei. Stando a fonti socialiste, la Commissione avrebbe detto sì al mantenimento del Fondo Sociale nel bilancio settennale. «Abbiamo fatto bene a chiedere dei segnali chiari a Ursula Von Der Leyen. Una conferma che in questo parlamento è importante su tutto combattere», ha esultato il capodelegazione Pd Nicola Zingaretti.
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