mercoledì 2 settembre 2020
Prima udienza in presenza di fedeli dopo sei mesi. La solidarietà unica la strada per la post-pandemia
Il Papa annuncia per il 4 settembre una giornata di preghiera per il Libano

Reuters

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“Dopo tanti mesi riprendiamo i nostri incontri faccia a faccia, e non schermo a schermo. E questo è bello!”. Con queste parole, pronunciate a braccio, il Papa ha aperto l’udienza generale di oggi, la prima in presenza di fedeli dopo sei mesi, a causa delle misure restrittive imposte dalla pandemia in atto, che “ha evidenziato la nostra interdipendenza: siamo tutti legati, gli uni agli altri, sia nel male che nel bene”, ha evidenziato Francesco.

“Perciò, per uscire migliori da questa crisi, dobbiamo farlo insieme, tutti quanti, nella solidarietà”, ha ribadito: “Insieme, non da soli: o si fa insieme o non si fa”, ha aggiunto a braccio. “Dobbiamo farlo insieme tutti quanti nella solidarietà”, la proposta: “Questa parola oggi vorrei sottolinearla”. “Come famiglia umana abbiamo l’origine comune in Dio”, ha ricordato il Papa: “Abitiamo in una casa comune, il pianeta-giardino in cui Dio ci ha posto; e abbiamo una destinazione comune in Cristo. Ma quando dimentichiamo tutto questo, la nostra interdipendenza diventa dipendenza di alcuni da altri, perdiamo questa armonia della interdipendenza e della solidarietà e diventiamo dipendenti gli uni dagli altri, aumentando la disuguaglianza e l’emarginazione; si indebolisce il tessuto sociale e si deteriora l’ambiente. Sempre lo stesso modo di agire”.

“Come famiglia umana abbiamo l’origine comune in Dio”, ha ricordato il Papa: “Abitiamo in una casa comune, il pianeta-giardino in cui Dio ci ha posto; e abbiamo una destinazione comune in Cristo. Ma quando dimentichiamo tutto questo, la nostra interdipendenza diventa dipendenza di alcuni da altri, perdiamo questa armonia della interdipendenza e della solidarietà e diventiamo dipendenti gli uni dagli altri, aumentando la disuguaglianza e l’emarginazione; si indebolisce il tessuto sociale e si deteriora l’ambiente. Sempre lo stesso modo di agire”.

“Il principio di solidarietà è oggi più che mai necessario, come ha insegnato San Giovanni Paolo II”. continua il Papa identificando nella solidarietà l’antidoto agli “egoismi, individuali, nazionali e dei gruppi di potere”. “In un mondo interconnesso, sperimentiamo che cosa significa vivere nello stesso villaggio globale”, la tesi di Francesco, che ha aggiunto a braccio: “È bella questa espressione. Il grande mondo non è altra cosa che villaggio globale, perché tutto è interconnesso”.

“Però non sempre trasformiamo questa interdipendenza in solidarietà, c’è un lungo cammino tra l’interdipendenza e la solidarietà”, il monito del Papa, secondo il quale “gli egoismi – individuali, nazionali e dei gruppi di potere – e le rigidità ideologiche alimentano al contrario strutture di peccato”. “La parola solidarietà si è un po’ logorata e a volte la si interpreta male, ma indica molto di più di qualche atto sporadico di generosità”, ha spiegato Francesco: “Richiede di creare una nuova mentalità che pensi in termini di comunità, di priorità della vita di tutti rispetto all'appropriazione dei beni da parte di alcuni”. “Questo significa solidarietà”, ha commentato: “Non è solo questione di aiutare gli altri, questo è bene farlo, è di più: si tratta di giustizia. L’interdipendenza, per essere solidale e portare frutti, ha bisogno di forti radici nell’umano e nella natura creata da Dio, ha bisogno di rispetto dei volti e della terra”.

L'udienza si è conclusa con un lungo e accorato appello per il Libano. Dopo i saluti in lingua italiana che come di consueto concludono l’appuntamento del mercoledì, il primo in presenza dopo sei mesi, svoltosi nel Cortile di San Damaso, il Papa ha chiamato accanto a sé un giovane sacerdote che gli ha consegnato la bandiera della terra dei cedri, e ha pronunciato – fuori programma – il suo appello, che si è concluso con l’annuncio di una Giornata di preghiera e di digiuno universale, indetta il 4 settembre e accompagnata dall’invio in Libano del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, quale rappresentante del Santo Padre ed espressione della sua “vicinanza e solidarietà” al Paese, messo a dura prova dalla recente esplosione a Beirut. “Ad un mese dalla tragedia – le parole del Papa – il mio pensiero va al caro Libano e a questa popolazione duramente provata”.

“Il Libano non può essere abbandonato alla sua solitudine”, l’appello per un luogo che per oltre 100 anni è stato “un paese di speranza” e “un luogo di tolleranza, di rispetto, di convivenza unico nella regione”. Nelle parole del Papa, “il Libano rappresenta qualcosa di più di uno Stato: è un messaggio d libertà, un esempio di pluralismo tanto per l’Oriente quanto per l’Occidente. Non possiamo permettere che questo patrimonio vada disperso”.

Poi il riferimento particolare agli abitanti di Beirut, affinché non abbandonino le loro case e le loro comunità, e ai pastori locali, esortati a dare esempi di povertà – “niente lusso” – a fianco al loro popolo che sta soffrendo. Al termine dell’udienza, il Santo Padre ha esortato i fedeli presenti ad alzarsi in piedi, insieme a lui, per pregare in silenzio per il Libano e affidare la terra dei cedri alla protezione di Maria.

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