Sloane Avenue di Londra - Wikimedia
Nella terza udienza del processo sulla gestione dei fondi della Santa Sede, che vede tra gli imputati anche il cardinale Angelo Becciu, il Tribunale vaticano ha ordinato questa mattina, mercoledì 6 ottobre, la parziale restituzione all'Ufficio del promotore di giustizia degli atti, limitatamente a una parte degli imputati e dei reati loro ascritti. Il Tribunale ha disposto anche che entro il 3 novembre si proceda al deposito degli atti ancora mancanti, tra cui le video registrazioni del testimone chiave mons. Alberto Perlasca. Il processo riprenderà il prossimo 17 novembre.
In pratica il collegio giudicante, composto dal presidente Giuseppe Pignatone e dai giudici a latere Venerando Marano e Carlo Bonzano, ha ritenuto che la violazione dellla possibilità di difendersi, lamentata dagli avvocati degli imputati - in quanto gli imputati stessi non sono stati interrogati sui fatti oggetto di imputazione, né i fatti sono stati enunziati in un mandato né ancora nell'atto notificato loro - sia fondata. Ma ha distinto tra le varie posizioni. Di fatto il processo per alcuni ricomincerà praticamente da capo per tutti i reati loro ascritti (Mauro Carlino, Raffaele Mincione, Nicola Squillace e Fabrizio Tirabassi), per altri (lo stesso Becciu, Tommaso Di Ruzza, Logsic, Prestige Family Office, Sogenel Capital Investment e Hp Finance Llc) solo in relazione ad alcuni dei capi di imputazione. Per Di Ruzza in particolare si tratta dell'accusa di presunto peculato, sulla quale si regge l'impianto accusatorio, ora probabilmente da rivedere. Per il cardinale Becciu viene invece stralciata l'accusa di presunta subornazione, vale a dire il tentativo di fare ritrattare mons. Perlasca, e la vicenda Spes, la cooperativa sociale di cui è legale rappresentante un fratello di Becciu. Per il legale del porporato, Fabio Viglione, l'ordinanza del Tribunale rappresenta «una bocciatura della metodologia utilizzata» dal Ufficio del Promotore di giustizia.
Il tribunale ha anche disposto che il Promotore di Giustizia comunichi se monsignor Perlasca sia imputato in questo o in altri procedimenti e per quali reati, onde poterne apprezzare la veste processuale in vista delle future attività istruttorie. E sempre in relazione a monsignor Perlasca, in particolare alla videoregistrazione del suo interrogatorio, ancora non depositato agli atti l'ordinanza fa notare: «Non si comprende come la tutela della privacy (addotta dal pm vaticano, come motivo del mancato deposito, ndr) possa essere messa a rischio dalla pubblicità, propria della sede dibattimentale, di atti (gli interrogatori) che per la loro natura non sono sottoposti a segreto o di dichiarazioni (come quelle rese da a Perlasca) che lo stesso Promotore ha indicato come fonti di prova e ha ripetutamente evocato per motivare la sua richiesta di citazione a giudizio degli imputati».
La decisione odierna segna senz'altro un punto a favore delle difese, almeno sul piano procedurale, anche alla luce del fatto che sono trascorsi due anni abbondanti dal giorno in cui l'attività di indagine ha preso avvio.