lunedì 21 giugno 2021
L'incontro a Casa Santa Marta. I detenuti hanno portato in dono un cesto di pane preparato da loro stessi
Papa Francesco durante la sua visita al carcere Regina Coeli di Roma il 29 marzo 2018

Papa Francesco durante la sua visita al carcere Regina Coeli di Roma il 29 marzo 2018 - Ansa / Vatican News

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Papa Francesco questa mattina a Casa Santa Marta, poco dopo le 8:45, "ha incontrato un gruppo di circa 20 detenuti della Terza Casa Circondariale di Rebibbia, accompagnati dalla direttrice, dal cappellano e da alcuni funzionari, che si recavano successivamente in visita ai Musei Vaticani".

Lo ha reso noto la Sala Stampa della Santa Sede.

I detenuti di Rebibbia hanno portato in dono al Papa un cesto di pane che avevano preparato loro stessi come ringraziamento "per il dono della speranza che sta offrendo a noi detenuti", hanno detto a Vatican News.

Il Papa ha confidato loro la sua attenzione alle persone che vivono l'esperienza della reclusione, ricordando le visite nelle prigioni già in Argentina, e assicurando la sua preghiera anche per i loro familiari. "Oggi tutta la comunità del carcere, con il Papa, ha vissuto un'esperienza importantissima", dice padre Moreno Versolato, religioso dei servi di Maria, cappellano nel più piccolo dei quattro poli del carcere romano.

La direttrice dei Musei Vaticani, Barbara Jatta, ha accolto con un cordiale "benvenuto" gli "ambasciatori" di Rebibbia: "Queste gallerie sono la casa di tutti, qui ognuno, con la propria sensibilità, può cogliere 'qualcosa' che vale per la sua vita e la può rendere migliore".

Al termine della mattinata in Vaticano la direttrice del carcere, Anna Maria Trapazzo, parla di un'esperienza di accoglienza e di speranza: "Il dono del pane per il Papa ha un valore enorme per noi: in pieno lockdown abbiamo avviato un laboratorio di panificazione e sette detenuti sono stati assunti da una ditta. Il pane fatto stanotte per Francesco è, dunque, un 'grazie'. E anche il dono della "mattonella" con la croce, espressione del corso di mosaico, non è un gesto formale ma un segno di fede e di speranza".


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