mercoledì 1 aprile 2020
Nella catechesi Francesco in streaming dalla biblioteca del Palazzo apostolico: non abbiamo paura, apriamo le porte del nostro cuore allo Spirito Santo
«Per vedere Dio non cambiare gli occhiali, ma liberare il cuore dagli inganni»
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Per vedere Dio non serve cambiare occhiali o punto di osservazione – o cambiare autori teologici che mi insegnano il cammino – bisogna liberare il cuore dai suoi inganni!”. Lo ha esclamato il Papa, nella catechesi dell’udienza generale, dedicata alla sesta Beatitudine – “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” – e trasmessa in diretta streaming dalla biblioteca privata del Palazzo apostolico.

“Questa strada è l’unica”, ha commentato Francesco a braccio: “Questa è una maturazione decisiva: quando ci rendiamo conto che il nostro peggior nemico, spesso, è nascosto nel nostro cuore”. “Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto”, dice un salmo. “Questo linguaggio”, per il Papa, “manifesta la sete di una relazione personale con Dio – non meccanica, un po’ nebulosa, personale – che anche il libro di Giobbe esprime come segno di un rapporto sincero: ‘Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto’” .

“E tante volte – ha commentato Francesco a braccio – io penso che questo è il cammino della vita nel nostro rapporto con Dio. Conosciamo Dio per sentito dire, ma con la nostra esperienza andiamo avanti, avanti, avanti e alla fine lo conosciamo veramente, se siamo fedeli. Questa è la maturità dello Spirito”. “Come arrivare a questa intimità?”, si è chiesto il Papa.

L’esempio scelto per la risposta è quello dei discepoli di Emmaus, “che hanno il Signore Gesù accanto a sé, ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Il Signore schiuderà il loro sguardo al termine di un cammino che culmina con la frazione del pane ed era iniziato con un rimprovero: ‘Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti’”. “Quel rimprovero è l’inizio”, ha spiegato Francesco: “Ecco l’origine della loro cecità: il loro cuore stolto e lento”. “E quando il cuore è stolto e lento, non si vedono le cose, si vedono le cose come annuvolate”, ha commentato a braccio: “Qui sta la saggezza di questa beatitudine: per poter contemplare è necessario entrare dentro di noi e far spazio a Dio, perché, come dice Sant’Agostino, ‘Dio è più intimo a me di me stesso’”.

Vedere Dio vuol dire intendere i disegni della Provvidenza in quel che ci accade, riconoscere la sua presenza nei Sacramenti, la sua presenza nei fratelli, soprattutto poveri e sofferenti, e riconoscerlo dove Lui si manifesta”, ha spiegato ancora il Papa, nella catechesi dell’udienza, trasmessa in diretta streaming dalla biblioteca del Palazzo apostolico vaticano. “Questa beatitudine è un po’ il frutto delle precedenti”, ha affermati Francesco: “Se abbiamo ascoltato la sete del bene che abita in noi e siamo consapevoli di vivere di misericordia, inizia un cammino di liberazione che dura tutta la vita e ci conduce fino al Cielo”. “È un lavoro serio, un lavoro che fa lo Spirito Santo se noi gli diamo spazio perché lo faccia, se siamo aperti all’azione dello Spirito Santo – ha commentato il Papa – ed è soprattutto un’opera di Dio in noi – nelle prove e nelle purificazioni della vita – che porta a una gioia grande, a una pace vera”. “Non abbiamo paura, apriamo le porte del nostro cuore allo Spirito Santo, perché ci purifichi e ci porti avanti in questo cammino verso la gioia piena”, l’invito finale a braccio.

"Giorni difficili, affidiamoci a san Giovanni Paolo II": giovedì 2 aprile è il 15° anniversario della morte di Wojtyla

Quello della pandemia è un tema che ricorre in tutti i saluti che il Pontefice pronuncia al termine dell'udienza. Ai fedeli polacchi, in particolare, manda a dire: "l'uomo contemporaneo scorge i segni di morte divenuti più presenti sull'orizzonte della civiltà. Vive sempre più nella paura, minacciato nel nucleo stesso della sua esistenza. Quando vi sentirete in difficoltà, il vostro pensiero corra allora a Cristo: sappiate che non siete soli. Egli vi accompagna e mai delude. In questi giorni difficili che stiamo vivendo, vi incoraggio ad affidarvi alla Divina Misericordia e all'intercessione di San Giovanni Paolo II, alla vigilia del 15° anniversario della sua morte".
Una delle esortazioni più celebri di Wojtyla, pronunciata quando le minacce sul mondo erano diverse ma gli stati d'animo simili, fu proprio "non abbiate paura".

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